Palermo: confiscati beni per 210 milioni all’imprenditore Giuseppe Sammaritano, 63 anni, al quale era stato sequestrato il patrimonio nel 2012 e nel 2013. Adesso la sezione misure di prevenzione del tribunale di Palermo, presieduta da Giacomo Montalbano, ha emesso il provvedimento di confisca. Secondo i magistrati, Sammaritano “era disponibile a considerare ogni offerta che veniva dall’ambiente mafioso, in un’ottica di reciproca e pacifica convivenza, non avendo mai disdegnato la protezione e l’aiuto che Cosa nostra poteva offrire alla sue iniziative imprenditoriali”.
I sigilli sono stati apposti alla Sicilprodet, per la Fratelli Sammaritano srl, con sede nella zona industriale di Carini, che commercializza prodotti di bellezza; per le società palermitane Angelo Sammaritano srl e Max Gross che vendono, all’ingrosso e al dettaglio, profumi, casalinghi e detersivi. I sigilli sono scattati anche per il 50 per cento della Gs Distribuzione srl e per terreni a Partinico. Nei supermercati di Sammaritano si acquistavano detersivi, profumi e articoli per la casa a prezzi davvero molto competitivi.
Confiscati e appartamenti a Palermo in via Tommaso Aversa, Niccolò Candela, Gennaro Pardo e Belgio, una villa a Trappeto, tre case a San Vito Lo Capo in via Cala Mancina e via Marina, una Mercedes, un’Audi e disponibilità finanziarie per sette milioni di euro.
Le indagini del Gico del nucleo di Polizia tributaria di Palermo, coordinate da coordinate dal pm Pierangelo Padova, hanno evidenziato una pesante sperequazione fra i redditi leciti e i beni aziendali (nel 2001, oltre 9 miliardi di lire). Il nome di Sammaritano era segnato in uno dei pizzini ritrovati nel covo di Bernardo Provenzano, nel 2006: il boss Salvatore Lo Piccolo chiedeva un aiuto per lavorare con “Sammaritano del Cedi Sisa di Carini”.
Sammaritano negli ultimi vent’anni aveva realizzato un impero imprenditoriale fra Palermo e Carini, nel settore della grande distribuzione. Il nome di Sammaritano era segnato in uno dei pizzini ritrovati nel covo di Bernardo Provenzano, nel 2006: il boss Salvatore Lo Piccolo chiedeva un aiuto per lavorare con “Sammaritano del Cedi Sisa di Carini”. Nonostante la vicinanza ai boss mafiosi, Sammaritano pagava il pizzo, tanto da patteggiare una condanna per favoreggiamento, proprio per il suo silenzio sulle richieste di pagamento alla mafia.