L’operazione “Grande passo 4” ha portato in carcere anche il nipote di Bernardo Provenzano. Tra i dodici arrestati nel corso del blitz dei carabinieri , che oggi hanno assestato un duro colpo ai vertici corleonesi, c’è infatti Carmelo Gariffo, in prima fila ai discussi funerali di “Binnu”.
Gariffo progettava di riorganizzare il clan, di rilanciarne gli affari e la capacitàdi gestione della rete di interessi e rapporti. D’altronde ha una esperienza consolidata a fianco di Provenzano. Conosce i segreti di cosa nostra, ha gestito la latitanza, la circolazione dei pizzini del capomafia, lo ha assistito nei suoi affari. Da tre anni ormai fuori dal carcere, parlava di pizzo e appalti e della necessità di rilanciare cosa nostra a Corleone.
“Basta uno, non c’è bisogno di cento”, ha detto intercettato dai carabinieri a proposito della necessità di individuare “una persona adatta eventualmente a comandare”, ma “non facciamo cose affrettate”. Tra i suoi collaboratori più stretti due forestali, finiti anch’essi in manette. E tra i destinati dell’ordinanza di custodia cautelare anche i boss già arrestati Pietro Marasacchia, Vincenzo Pillitteri e Antonino Di Marco, quest’ultimo dipendente del Comune di Corleone, sciolto ad agosto scorso.
Gli arrestati di questa notte sono ritenuti da investigatori ed inquirenti i nuovi boss di Corleone. Tra questi spicca proprio il nipote del padrino, Gariffo, che stava tirando le redini del clan. In carcere anche Bernardo Saporito, Francesco Scianni, Leoluca Lo Bue (figlio di Rosario, anziano boss corleonese già coinvolto nelle precedenti indagini), Pietro Vaccaro, Vincenzo Coscino e Vito Biagio Filippello (operai forestali stagionali). Già in cella Antonino Di Marco, Vincenzo Pellitteri e Pietro Masaracchia. In cella pure gli omonimi Francesco Geraci (nipote e figlio di un anziano boss). Libertà vigilata per due proprietari terrieri che avevano chiesto al clan di togliere di mezzo un parente per una questione di eredità.
L’operazione “Grande passo 4” nasce dalle indagini del Nucleo investigativo di Monreale e dalla compagnia dei carabinieri di Corleone, coordinate dal procuratore aggiunto della Dda Leonardo Agueci e dai sostituti Sergio Demontis, Caterina Malagoli, Gaspare Spedale. L’ordinanza di custodia cautelare è stata disposta dal gip di Palermo, Fabrizio Anfuso. Una svolta decisiva è stata determinata – e questo è un fatto inedito per il territorio – dall’ammissione, da parte di otto imprenditori, di avere pagato il pizzo, la cosiddetta “messa a posto” imposta da cosa nostra.