Mario Mori e i suoi presunti rapporti con Licio Gelli e il terrorismo nero al centro del processo sulla trattativa Stato-mafia. Delle prime fasi della carriera di Mori sta parlando il colonnello dei carabinieri Massimo Giraudo che da ieri depone davanti alla corte d’assise di Palermo. Il pm Roberto Tartaglia ha chiesto a Giraudo chiarimenti su una serie di documenti che proverebbero i suoi rapporti con l’ex Venerabile della P2 e alcuni terroristi neri.
In particolare, i magistrati hanno cercato di fare luce su alcuni episodi raccontati da un ex ufficiale del Sid, Mauro Venturi, che negli anni ’70 lavorò a stretto contatto con Mori. Venturi ha detto – come ha confermato Giaraudo che è a conoscenza della vicenda – che l’allora capitano, voluto nei servizi da un uomo vicino a Vito Miceli, gli propose di entrare nella P2. “Mi disse che non era una Loggia come le altre – ha detto Venturi interrogato dai pm – e mi invitò ad andare a casa di Gelli. Alle mie perplessità reagì dicendomi che quelli del Sid erano garantiti e che sarebbero stati inseriti in liste riservate”.
A parlare dei contatti tra l’ex generale e Gelli c’è anche un verbale di interrogatorio che una ex fonte del generale, Gianfranco Ghiron, molto vicino all’estrema destra e agli 007 americani, rese al giudice istruttore di Brescia nel 1975. Ghiron racconta, come ha ricordato Tartaglia, di avere presentato a Mori il terrorista nero Amedeo Vecchiotti. E che da lui ricevette un biglietto in cui si annunciava la fuga in Argentina di Gelli. “Avverti Mori – scriveva Vecchiotti che si riferisce all’ex generale col suo nome di copertura di Giancarlo Amici – Dico ciò perché se la partenza di Gerli (probabile refuso per Gelli, ndr) danneggia mr Vito (il generale Vito Miceli, ndr) lo fermino, altrimenti, se è meglio che vada, lo lascino andare”.