Antonino Agostino, l’agente ucciso dalla mafia insieme alla moglie Ida Castelluccio nell’estate del 1989, fu eliminato perché cercava i bosso latitanti.
A scriverlo nelle motivazioni della sentenza che ha condannato lo scorso anno all’ergastolo il capomafia Nino Madonia è il Gup di Palermo Alfredo Montalto. Il processo si è svolto con rito abbreviato. L’ergastolo era stato chiesto dalla procura generale.
Del duplice omicidio era imputato anche il boss Gaetano Scotto che, a differenza di Madonia, ha scelto il rito ordinari. Stessa decisione per il terzo imputato, Francesco Paolo Rizzuto, accusato di favoreggiamento. Il delitto è rimasto impunito per 32 anni.
Dopo una lunga indagine a carico di Madonia, Scotto e Rizzuto la procura di Palermo aveva chiesto l’archiviazione ritenendo che non ci fossero elementi idonei ad andare a processo. L’inchiesta è stata avocata dalla Procura generale che è giunta a conclusioni differenti e ha chiesto il rinvio a giudizio dei tre imputati. Madonia ha scelto l’abbreviato ed è stato condannato all’ergastolo. La Pg aveva invocato la medesima pena. La ricerca dei latitanti, come scrive il gup, “viene prevalentemente, anche se non esclusivamente, indicata dai collaboratori di giustizia, quale causa della decisione mafiosa di uccidere il poliziotto”.
“Sono stati acquisiti agli atti anche importantissimi riscontri su questa attività di Agostino che si rivelano assolutamente significativi, se non decisivi, per confermare l’attendibilità delle dichiarazioni soprattutto perché l’attività di ricerca dei latitanti non rientrava tra i compiti di servizio assegnati ad Agostino presso il commissariato di Ps dove lavorava e, pertanto, non vi è traccia documentale, ma è stata svolta da Agostino come da altri su sollecitazioni e stimolo, ovviamente informali, di appartenenti ai servizi di sicurezza”.