Bergoglio apre ai gay e da il via libera della Chiesa alle unioni omosessuali

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Bergoglio apre ai gay e benedice le unioni civili tra coppie omosessuali, ma questa volta lo fa da Papa. Le aveva approvate da arcivescovo di Buenos Aires come alternativa ai matrimoni tra persone dello stesso sesso, eppure, sulla questione, non si era mai espresso pubblicamente da Pontefice. L’appoggio del successore di Pietro è più concreto che morale e chiede che le coppie gay siano tutelate legalmente.

L’endorsement arriva con il documentario “Francesco” firmato da Evgeny Afineevsky e presentato in anteprima al Festival del Cinema di Roma, diretto da Antonio Monda, fratello del direttore dell’Osservatore Romano, Andrea.

Nel lungometraggio Bergoglio approfondisce i temi più cari al suo pontificato: l’ambiente, la povertà, le migrazioni, la disuguaglianza razziale e di reddito, le discriminazioni. “Le persone omosessuali hanno il diritto di stare in famiglia. Sono figli di Dio e hanno diritto a una famiglia. Nessuno dovrebbe essere cacciato o reso infelice per questo”, afferma Francesco in spagnolo, chiedendo esplicitamente “una legge sull’unione civile” e ricordando di essersi battuto in passato per questo.

Tra i protagonisti del documentario c’è Juan Carlos Cruz, vittima cilena di abusi sessuali del clero. Cruz, che è omosessuale, racconta che durante i suoi primi incontri con il papa nel maggio 2018, Francesco rassicurò dicendo: “Non importa che tu sia gay, Dio ti ha fatto così e ti ama in questo modo”.

La posizione di Francesco è stata più volte sostenuta anche da parte della Chiesa italiana. Tra gli esponenti più eminenti del pensiero bergogliano ci sono Gualtiero Bassetti, presidente della Cei, e il vescovo Marcello Semeraro, neo-prefetto della Congregazione dei Santi, che ha appena preso il posto del cardinale Becciu.

Solo lo scorso lunedì, monsignor Bruno Frote, teologo arcivescovo di Chieti e presidente della Conferenza Episcopale dell’Abruzzo-Molise, si è espresso a sostegno del riconoscimento delle unioni omosessuali, a condizione che si distinguano chiaramente dai matrimoni eterosessuali. “Il problema è quello di evitare qualsiasi equazione ottusa, anche semantica, ma ovviamente questo non significa affatto che si debba poi escludere anche la ricerca di una possibile codificazione dei diritti delle persone che vivono in un’unione omosessuale”, ha precisato.

Quando Afineevsky presentò l’idea del documentario al prefetto della Comunicazione della Santa Sede, Paolo Ruffini cercò di “ridimensionare le sue speranze di intervistare il Papa”: “Gli ho detto che non sarebbe stato facile”, racconta. Lo indirizzò sulle persone incontrate rimaste particolarmente colpite dall’incontro con il Papa, rifugiati, carcerati, persone omosessuali che aveva benedetto in privato.

Tutte sono state contattate e raggiunte dal regista, che però rivela di aver “barattato” il suo ingresso agli archivi vaticani prima e al Papa poi con la perseveranza e ingenti scorte di mate e biscotti Alfajores, prelibatezze argentine. Oggi è lo stesso Ruffini ad ammetterlo: “Il film racconta la storia del papa invertendo le telecamere”.