Droga a Palermo: operazione della Guardia di finanza allo Zen con 9 arresti

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La Guardia di Finanza di Palermo ha smantellato una vasta rete che gestiva lo spaccio di droga tra il quartiere “Zen 2” di Palermo e l’hinterland della zona occidentale del capoluogo fino a Carini. Con l’operazione “Africo”, i finanzieri del comando provinciale di Palermo hanno eseguito un’ordinanza cautelare emessa dal gip del tribunale nei confronti di 9 persone.

Gli arrestati sono Khemais Lausgi, 33 anni, Salvatore Lo Franco, 42 anni; Antonio Lo Franco 23 anni; Francesco Alamia, 28 anni, Maurizio Sciortino, 41 anni, Maurizio Di Stefano, 44 anni, tutti finiti in carcere: Antonino Giuffrè, 27 anni, Francesco Gelfo, 31 anni, Antonino Velardi, 32 anni, questi ultimi ai domiciliari. Sono accusati, a vario titolo, di spaccio di sostanze stupefacenti. L’indagine dei finanziari è stata portata avanti tra la fine del 2018 e il 2019.

Nel corso delle indagini svolte con l’ausilio di video riprese, intercettazioni telefoniche e ambientali, è stata ricostruita l’attività degli indagati, che si sarebbero riforniti di cocaina, hashish e marijuana nel quartiere palermitano Zen 2, per poi smistarla quotidianamente nella piazza di spaccio di Carini.

Sono circa 30 i chili di droga sequestrati che hanno portato all’arresto in flagranza di 8 persone fra cui Maurizio Sciortino, ex addetto alla raccolta di rifiuti all’epoca in servizio presso l’azienda municipalizzata Rap (poi licenziato per giusta causa), intercettato dai militari mentre consegnava a domicilio le dosi di stupefacente durante il lavoro.

Secondo gli investigatori gli spacciatori avrebbero venduto fino a 100 “dosi” al giorno di stupefacenti, sviluppando un “fatturato” annuo stimabile in almeno 1,5 milioni di euro. Due degli arrestati, inoltre, nelle scorse settimane avevano ottenuto il reddito di cittadinanza. Un beneficio che, per effetto del provvedimento cautelare, verrà sospeso, come previsto dalla normativa in vigore. Con lo stesso provvedimento il gip ha infine disposto il sequestro preventivo di beni mobili, immobili e disponibilità finanziarie riconducibili agli indagati per un valore complessivo di circa 200mila euro. Nel corso delle indagini è emersa infatti una sproporzione tra i beni nella disponibilità degli indagati e la capacità reddituale dichiarata.