Si è costituito nel carcere di Rovigo, dove è arrivato dalla sua Lecce, l’ex bomber del Palermo Fabrizio Miccoli. In quello che è considerato uno dei migliori istituti di pena d’Italia dovrà scontare la condanna a 3 anni e sei mesi per estorsione aggravata dal metodo mafioso, divenuta definitiva ieri sera.
Un epilogo tutt’altro che lieto Fabrizio Miccoli, travolto, prima ancora che dalla vicenda processuale, dalle polemiche per i vergognosi insulti rivolti al giudice Giovanni Falcone da lui definito, nel corso di una conversazione intercettata, “un fango”. Parole che anche molti tifosi che lo avevano idolatrato non gli hanno perdonato, pronunciate durante un incontro con Mauro Lauricella, figlio del boss della Kalsa Antonio, detto Scintillone.
“Vediamoci sotto l’albero di quel fango di Falcone”, aveva detto riferendosi alla magnolia che si trova davanti a quella che fu l’abitazione del magistrato ucciso nella strage di Capaci del ’92, e luogo simbolo di Palermo.
A nulla sono servite le scuse e le lacrime di Fabrizio Miccoli che ha anche più volte chiesto di incontrare la sorella del giudice Falcone. L’ex calciatore, dice il suo legale, l’avvocato Antonio Savoia, che lo ha accompagnato in carcere, “è un uomo distrutto”.
Il penalista ha contestato la diffusione delle notizie sul suo assistito prima ancora che gli venisse notificato l’ordine di esecuzione. La decisione di Miccoli di costituirsi nel carcere veneto e non in quello di Lecce, città dove risiede con la famiglia, sarebbe da ricondurre alla volontà dell’ex calciatore di “stare lontano il più possibile da tutto e da tutti”.
Fabrizio Miccoli a Palermo è stato isolato dai tifosi, dall’ex squadra e dalla società. E non gli è andata meglio in tribunale. Secondo l’accusa, l’ex bomber rosanero, tra il 2010 e il 2011, avrebbe chiesto aiuto a Mauro Lauricella, per aiutare un ex fisioterapista della squadra a recuperare un credito. La vicenda inizia quando l’ex fisioterapista, Giorgio Gasparini, cerca di riavere 20mila euro investiti nella discoteca Paparazzi di Isola delle Femmine.
Le difficoltà a tornare in possesso dei soldi lo spingono a rivolgersi a un altro giocatore per avere un consiglio e poi a Miccoli. Il fatto emerge nel corso dell’inchiesta per la cattura del padre di Lauricella, allora latitante. Gli inquirenti intercettano Miccoli e il figlio del boss. All’inizio del 2011 Miccoli dà a Gasparini una busta con tre assegni per otto mila euro.
Per i pm la somma sarebbe stata ottenuta grazie alle pressioni del figlio del capomafia che, nel farsi dare i soldi, avrebbe fatto pesare i suoi legami familiari con Cosa nostra. Mentre Lauricella ha scelto di farsi processare col rito ordinario ed ha avuto una condanna a 7 anni, Miccoli, giudicato in abbreviato, ha avuto 3 anni e sei mesi confermarti in appello. La procura inizialmente aveva chiesto l’archiviazione: fu il gip ad imporre l’imputazione. Ieri il ricorso è stato rigettato da qui la definitiva condanna della Cassazione.
“E’ rammaricato e mortificato per quello che è successo e ha deciso di presentarsi spontaneamente in carcere, a Rovigo, oggi pomeriggio attorno alle 15, anche se alcune testate giornalistiche nazionali hanno pubblicato la notizia prima ancora che entrasse e prima ancora che gli venisse notificato l’ordine di carcerazione”. Lo dice a LaPresse l’avvocato Antonio Savoia, del foro di Lecce, difensore di fiducia dell’ex capitano del Lecce e del Palermo, Fabrizio Miccoli, condannato in via definitiva alla pena di tre anni e sei mesi per estorsione aggravata dal metodo mafioso.”L’udienza in Cassazione si è svolta ieri davanti alla seconda sezione che ha respinto il ricorso”, prosegue l’avvocato. “Sicuramente ricorreremo al magistrato di sorveglianza”, conclude.