Giornate dell’Economia del Mezzogiorno, Ciaccio (Banca d’Italia): “In Sicilia dopo 7 anni di crisi forse siamo alla svolta”

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“Dopo sette anni di crisi, in Sicilia sembrerebbe finalmente esserci un punto di svolta. Si riduce il numero di imprese in perdita, si registra una migliore performance per le aziende più grandi e che esportano, e nel turismo, già dal 2011, si ha una crescita del 20 per cento”. A fornire questi dati positivi sulla alla lenta, ma progressiva uscita dalla recessione nell’Isola è Giuseppe Ciaccio, della sede palermitana della Banca d’Italia, intervenuto questa mattina nell’aula Li Donni, nell’ex facoltà di Economia, in occasione dell’ottava edizione delle Giornate dell’Economia del Mezzogiorno, sul tema “Sicilia 2020, tra progettualità e spopolamento”. 

Un tema che si inserisce perfettamente all’interno di quello delle migrazioni di uomini e donne in fuga dalle guerre e dalle persecuzioni, ma anche delle migliaia di persone che si muovono tra i continenti o dei giovani che lasciano le loro città, che costituisce il filo rosso della settimana di incontri che continueranno fino al 28 novembre, organizzati da Diste Consulting e Fondazione Curella, con il patrocinio del Comune di Palermo, e intitolati “Nessuno sceglie dove nascere! Ognuno può scegliere dove vivere?”. 

A prendere parte all’incontro, Pietro Busetta, presidente della Fondazione Curella, che ha fatto un’analisi e resoconto di queste prime quattro giornate, Fabio Mazzola, pro rettore vicario dell’Università degli Studi di Palermo. che ha voluto prendere come impegno costante la realizzazione di giornate simili all’interno dell’Ateneo palermitano. Presenti Adam Asmundo, della Fondazione Res, Olimpia Ferrara, responsabile Maritime dell’associazione Srm Napoli, Giuseppe Nobile, dell’ufficio statistico della Regione siciliana e l’ex assessore regionale ai Beni culturali, Antonio Purpura.

Ciaccio, in particolare, ha analizzato l’andamento della crisi nell’economia siciliana. “La dinamica del Pil dal 2008 in poi – ha detto – è sempre stata sotto lo zero o pari a zero. La Sicilia ha perso infatti quasi 16 punti di prodotto interno lordo. Ciò ha avuto un impatto profondo anche sui consumi delle famiglie, con un 11,6 per cento in meno rispetto al poco più del 7 italiano”. A soffrire maggiormente il settore delle costruzioni. “Questo – ha continuato – ha perso quasi il 45 per cento, rispetto al 31 italiano. Stessa situazione per le industrie, che registrano un meno 27 per cento. Perdita dell’8 per cento per l’agricoltura e dell’11 nei servizi”. Forte anche il tasso di disoccupazione che nel primo semestre del 2015 è schizzato al 12,5 per cento.

Una crisi fortissima, dunque, ma sulla quale oggi, sembrerebbe di poter tirare un sospiro di sollievo. “I programmi di investimento si mantengono stabili – ha commentato – così come l’occupazione. Positivo il turismo, dove la recessione riguarda solo il 2008. Si ha un ritorno di interesse da parte degli stranieri, un po’ meno da parte degli italiani. L’eredità della crisi – ha concluso – è molto pesante, ma il ciclo economico si sta stabilizzando”.

Grigio il quadro dipinto da Antonio Purpura. “Quando chiude un’impresa – ha osservato – ci sono degli intangibili che spariscono. A differenza di altri Paesi, che hanno ricominciato a mettere subito in campo strumenti di ripresa strutturali, il nostro Paese ha fatto un passo indietro. Se si esclude il 2015, non c’è risposta organica per i prossimi anni. Fermo restando le cose, l’industria del Centro-Nord è ripartita. Al di là del fatto che si possa dire che l’economia possa ripartire, ci muoviamo sul fondo del pavimento. Sono convito che la Sicilia debba intraprendere si industrializzazione, ma questa è una prospettiva lenta. Punto di forza deve essere l’università e la capacità di formare grandi personalità”.

 A fare una ulteriore riflessione sul comportamento dell’economia siciliana rispetto a quella nazionale è Adam Asmundo, che ha portato sul tavolo della discussione le previsioni Res del luglio 2015. “Si passa – ha affermato – da un Pil del 2014 pari a zero, a un Pil che sale a 1 nel 2015 e che dovrebbe essere dell’1,8 nel 2016. In aumento anche i consumi delle famiglie e gli investimenti fissi lordi. Continua a battere il 22,8 nel 2015 il tasso di disoccupazione, ma con una tendenziale crescita dell’occupazione. Dal canto nostro possiamo contare sulla qualità della bellezza e sull’importazione della manodopera e sul settore dell’agricoltura”.

 “L’accoglienza dei migranti: problemi e sfide per la comunità” è stato, invece, l’argomento al centro del dibattito di ieri pomeriggio a Palazzo Alliata di Villafranca. A parlarne, Pietro Busetta, insieme con Mario Affronti, direttore generale della fondazione Migrantes e Giuseppe Notarstefano, dell’Università degli Studi di Palermo.

Affronti ha, in primis, spiegato di cosa si occupa Migrantes, organismo fondato nel 1987 e costituito dalla Conferenza Episcopale Italiana, per accompagnare e sostenere le Chiese nella conoscenza, nell’opera di evangelizzazione e nella cura pastorale dei migranti, italiani e stranieri. “Le Parrocchie spesso – ha detto – non rispondono a determinate esigenze perché pensano che a certi problemi debba pensare la Caritas. E’ proprio lì che noi agiamo con il nostro lavoro di sensibilizzazione”.

“L’idea per cui i migranti – ha continuato – ci tolgono il lavoro e portino delinquenza è assolutamente una diceria. Anche questo è al centro delle nostre attività. Altro problema è poi quello dei migranti forzati. L’Italia e soprattutto la Sicilia sono ‘invase’ dai migranti forzati. Quelli economici, però, rappresentano una cifra pari a 5 milioni e mezzo nel Paese. Rispetto a ciò che noi spendiamo per loro, c’è sicuramente un saldo positivo. Se pensiamo poi che nel mondo ci sono 60 milioni di rifugiati, provenienti soprattutto da Siria, Afghanistan e Somalia e che la maggior parte, ben l’86 per cento, viene accolta nei Paesi più poveri e solo il 10 in Europa e il 3 in Italia, capiamo come la nostra concezione non sia corretta”. Per Busetta, infine, “per affrontare temi delicati come questi serve una maggiore sensibilità, altrimenti rischiamo di diventare Europacentrici”.

Nel pomeriggio e nei prossimi giorni seguiranno incontri su lavoro, integrazione, condizioni, accoglienza e qualità della vita dei migranti, di dialogo interculturale, autonomie locali e nuovo sistema di contabilità. Ma anche di migrazione delle intelligenze, la cosiddetta “fuga dei cervelli” e di chi, facendo una scommessa, invece, ha deciso di tornare. Infine, sabato 28 alle 10 la conclusione con il XXIX Osservatorio congiunturale “Nicolò Curella” che si svolgerà nella Galleria d’Arte Moderna.