A causare il naufragio di sabato al largo della Libia, nel quale sarebbero morte almeno 700 persone, sarebbe stata una collisione tra il barcone su cui i migranti erano ammassati e il mercantile intervenuto in loro soccorso. E’ la prima ricostruzione fornita dai sopravvissuti giunti nella notte al porto di Catania.
I superstiti hanno raccontato di aver visto avvicinarsi il mercantile King Jacobs intorno alle 22 di sabato. A quel punto lo scafista alla guida del barcone avrebbe puntato la prua contro la nave, ma nel tentativo di nascondersi avrebbe pilotato l’imbarcazione con meno accortezza e così il natante, già in difficoltà per l’enorme numero di passeggeri a bordo, sarebbe entrato in collisione con il mercantile portoghese, dirottato in zona dalla centrale operativa della Guardia Costiera.
“Voleva guidare la barca – hanno raccontato i sopravvissuti – e allo stesso tempo nascondersi tra di noi”. Dopo l’urto è scoppiato il panico a bordo: “Tutti hanno iniziato ad agitarsi – hanno raccontato i migranti – quelli che erano più in basso hanno solo sentito l’urto ma non vedevano niente e volevano salire. Alcuni di quelli che erano sul ponte sono finiti in acqua subito. La barca ha cominciato a muoversi sempre di più e poi si è ribaltata”.
Il comandante del barcone, il 27enne tunisino Mohammed Alì Malek, e un siriano di 25
anni, Mahmud Bikhit, suo assistente, sono stati fermati: anche loro erano tra i 27 supersiti giunti al porto di Catania a bordo della nave Gregoretti della Guardia Costiera, la stessa che alcune ore prima aveva condotto a Malta le 24 salme recuperate in mare. Ad attendere, sul molo, c’era anche il ministro delle infrastrutture Graziano Delrio che è salito a bordo, ha incontrato i superstiti e si è congratulato con gli uomini dell’equipaggio.
I due presunti scafisti, fermati con l’accusa di omicidio colposo plurimo, naufragio e favoreggiamento dell’immigrazione clandestina, si trovano nel carcere di Piazza Lanza: nei prossimi giorni saranno sentiti dal Gip che dovrà decidere sulla convalida del fermo. Altri 18 superstiti hanno invece trascorso la notte al Cara di Mineo, mentre quattro minorenni (due del Bangladesh, un somalo e un eritreo) sono stati accompagnati al centro di accoglienza di Mascalucia. Infine uno dei naufraghi è stato ricoverato all’ospedale Cannizzaro: è un 33enne del Bangladesh che avrebbe fornito agli investigatori alcune delle informazioni più precise sulla traversata e sull’affondamento del barcone. Altri tre dei sopravvissuti sono rimasti a Catania per essere sentiti dalla Procura come testimoni: secondo gli investigatori la loro testimonianza sarebbe particolarmente importante.
Era stato lo stesso procuratore Salvi, incontrando la stampa ieri, a confermare che al centro delle indagini c’era anche la dinamica del naufragio, e l’esatto ruolo del mercantile intervenuto nell’azione di soccorso. I pm, inoltre, non hanno mancato di puntare il dito contro la missione europea Triton che ha sostituito da alcuni mesi l’operazione Mare Nostrum: “Dover spesso delegare i soccorsi a navi mercantili, meno attrezzate e con equipaggi meno preparati per intervenire di fronte a barconi con a bordo anche centinaia e centinaia di persone – hanno detto – può rendere l’azione di salvataggio delle vite umane certamente meno efficace”.
Proprio quello che sembra essere accaduto in questo naufragio, il più grave mai avvenuto nel Canale di Sicilia: il bilancio resta immutato, e gli stessi sopravvissuti confermano che a bordo del barcone, salpato sabato mattina dalla Libia, erano circa 800.