In sei mesi hanno chiuso i battenti più di seimila imprese in Sicilia, con l’impressionante ritmo di mille imprese al mese. Da gennaio a giugno, nel dettaglio, sono 6773 quelle chiuse, a fronte di 3918 nuove aperture, per un saldo negativo pari a 2855 aziende.
Una crisi che ha avuto effetti “decisamente negativi” sul sistema imprenditoriale come evidenziano i dati emersi da una elaborazione dell’ufficio studi Confcommercio su dati Movimprese, presentato oggi a Palermo.
Un trend che prosegue dal 2018, da quando il commercio ha registrato un saldo negativo di 4.571 imprese. Nel settore degli alberghi e pubblici esercizi il saldo del 2018 è stato negativo per 946 imprese mentre nei primi sei mesi del 2019 il saldo negativo è stato di 439 imprese.
Buone notizie, invece, dal turismo, da sempre un settore trainante dell’economia regionale, che anche “ha evidenziato negli ultimi anni di essere in buona salute”. Nel 2018 è proseguito, anche se con minore intensità, l’aumento complessivo dei flussi turistici (+2,9% le presenze rispetto al 2017) con un contributo determinante degli stranieri (+6,3%) a fronte di una lieve flessione dei turisti italiani (-0,4%).
E se le imprese chiudono, i numeri che riguardano il lavoro in Sicilia sono decisamente sconfortanti. Continua a diminuire, infatti, il numero degli occupati, mentre rimane allarmante il numero dei disoccupati, più del doppio rispetto alla media nazionale.
Nella media dei primi 2 trimestri, infatti, gli occupati della Sicilia si riducono dell’1,1 per cento, a fronte di un modesto calo del Mezzogiorno (-0,4%). Il tasso di disoccupazione, pur con un lieve miglioramento registrato negli anni più recenti, “rimane preoccupante”: oggi è pari al 21,1% (primi 6 mesi 2019), contro una media nazionale del 10,4%.
Anche sul fronte dei consumi – secondo i dati dell’associazione – il divario tra la Sicilia e la media dell’Italia è significativo: nel decennio 2008-2018 l’andamento in termini di consumi per abitante nella regione ha registrato una perdita pari a circa il 9%, mentre in Italia la flessione è stata vicino al 4%.