Le mani delle cosche sulla movida, operazione antimafia a Palermo

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Operazione antimafia

Operazione antimafia dei carabinieri di Palermo. Il  blitz questa mattina  su ddalega della Dda che ha disposto un’ordinanza di custodia cautelare in carcere nei confronti di 11 persone ritenute responsabili di estorsione aggravata dal metodo mafioso.

Le indagini hanno consentito di cristallizzare le convergenze degli interessi di Cosa nostra palermitana sul controllo di importanti aspetti organizzativi legati alla gestione dei locali notturni. E’ emerso, infatti, la caratteristica capacità delle cosche d’infiltrarsi e controllare in maniera pervasiva la gestione dei servizi di sicurezza privata nei locali notturni palermitani e della provincia mediante la diretta imposizione dei soggetti addetti ai servizi di vigilanza e la doverosa corresponsione di un quantum per ogni operatore.

Interfaccia degli interessi dei clan nella gestione dei rapporti con gli esercenti dei locali notturni era Andrea Catalano, che sfruttava i suoi legami con gli esponenti di vertice dei mandamenti mafiosi di Porta Nuova per imporre il reclutamento di personale, di sua scelta, per i servizi di vigilanza, demandando a una società privata l’onere della regolarizzazione amministrativa e contabile dei soggetti impiegati.

Inoltre, al fine di eludere la normativa di settore, erano state fondate due associazioni di volontari antincendio nell’ambito delle quali venivano formalmente impiegati, in qualità di addetti antincendio, quei “buttafuori” che, a causa dei loro precedenti penali, si trovavano nell’impossibilità di ottenere la necessaria autorizzazione prefettizia.

Le numerose intercettazioni hanno consentito di documentare svariati episodi di estorsione nei riguardi dei titolari di almeno 5 locali notturni di Palermo e provincia ai quali veniva imposta, mediante violenze e minacce, l’assunzione dei “buttafuori”. Emblematica, in tal senso, è la vicenda in cui è coinvolto Massimo Mulè, reggente della famiglia mafiosa di Palermo Centro. Il capomafia si era interessato affinché Vincenzo Di Grazia, suo cognato, fosse impiegato stabilmente nella gestione della sicurezza nel corso delle diverse serate organizzate presso un noto locale della movida palermitana. Le conseguenti lamentele del capo della sicurezza di quel locale, costretto a escludere, a turno, uno dei buttafuori solitamente impiegati che, pertanto, era costretto a cedere il suo posto di lavoro e parte dei propri compensi, venivano soffocate dalle pesantissime minacce proferite nei suoi riguardi e dei suoi familiari dai fratelli Andrea e Giovanni Catalano.