I carabinieri oggi, nel corso di un’operazione contro la mafia corleone, ha sequestrato beni per un valore superiore ai 4 milioni di euro su disposizione della sezione misure di prevenzione del Tribunale di Palermo. In particolare il Ros ha eseguito una confisca di tre milioni e mezzo di euro nei confronti di Mario Salvatore Grizzaffi e Gaetano Riina, rispettivamente nipote e fratello del boss Totò Riina, di Rosario Salvatore Lo Bue, soprannominato “Saro Chiummino”, e del figlio Leoluca. Un altro provvedimento di sequestro per 600 mila euro riguarda Giampiero Pitarresi. Tutti avevano favorito la lunga latitanza del superboss Bernardo Provenzano.
Gaetano Riina, 87 anni, fratello del capo dei capi di Cosa nostra, Totò Riina, lo scorso aprile si era ammalato di Covid e aveva lasciato il carcere di Torino. Il suo nome è tornato agli onori della cronaca oggi nell’operazione dei carabinieri che ha colpito duramente il patrimonio del clan dei corleonesi con la confisca di beni per un valore complessivo superiore ai 4 milioni di euro.
Sono tutti nomi noti da anni agli inquirenti che hanno indagato sulla latitanza del boss Bernardo Provenzano scoprendo chi ha tenuto nascosto e aiutato il padrino durante l’ultima fase della sua latitanza. Le indagini patrimoniali sono state condotte dai militari del Raggruppamento operativo speciale e del Comando provinciale di Palermo.
“La confisca riguarda abitazioni, conti correnti, libretti di risparmio, terreni e beni aziendali, che rappresentano il vero cuore economico di Cosa nostra – dice Daniele Giovagnoli, comandante della compagnia dei carabinieri di Corleone – E’ fondamentale sottolineare l’importanza delle misure di prevenzione che vanno a colpire i patrimoni della mafia”. “Adesso – spiega – parte una nuova sfida: quella di utilizzare e rendere produttivi questi beni ad iniziare dai tanti terreni confiscati”.
I provvedimenti hanno colpito uomini con solidi legami con Cosa nostra. In particolare, Rosario Salvatore Lo Bue che ha avuto storicamente un ruolo attivo quale “uomo d’onore” ed esponente di vertice della famiglia di Corleone, e che negli anni è stato in stretto contatto con boss del calibro di Salvatore Riina e Leoluca Bagarella. E ancora Mario Salvatore Grizzaffi, definitivamente condannato per aver commesso un’estorsione con metodi mafiosi, nell’ambito delle inchieste che hanno fatto luce sulla rete di sostegno di cui godeva il boss Bernardo Provenzano e sulla riorganizzazione dell’associazione dopo la cattura del capo mafia avvenuta nel 2006, nel covo di Montagna dei Cavalli a Corleone.
In precedenza Grizzaffi era stato condannato anche per il favoreggiamento della latitanza di Giovanni Brusca. I carabinieri del Nucleo Investigativo del Comando Provinciale di Palermo, guidato da Andrea Massari, hanno poi sequestrato beni a Giampiero Pitarresi per un valore complessivo di circa seicentomila euro. Arrestato nel dicembre del 2015 nell’ambito dell’operazione “Panta Rei”, è attualmente detenuto perché condannato, in secondo grado, a 14 anni di reclusione in quanto ritenuto vicino ai clan del mandamento di Misilmeri, e in particolare della famiglia di Villabate.
Già nel 2009 Pitarresi aveva subito una condanna per associazione mafiosa per aver fatto parte del gruppo che, in più occasioni, aveva fornito aiuto al Bernardo Provenzano durante il suo viaggio in Francia. Il boss andò a Marsiglia per essere sottoposto a un intervento chirurgico in una clinica privata. Dopo anni di militanza, aveva poi assunto il pieno controllo della famiglia mafiosa di Villabate, come gestore della cassa e mandante delle attività illegali del clan tra cui estorsioni e traffico di stupefacenti. A Pitarresi sono state sequestrate due abitazioni a Misilmeri, un’auto e sette rapporti bancari.