Incontri e contatti, diretti o indiretti, tra l’imprenditore Benedetto Bacchi e numerosi esponenti di assoluto rilievo nel panorama mafioso palermitano sono stati documentati nel corso delle indagini, condotte dagli agenti del Servizio Centrale Operativo e della Squadra Mobile di Palermo, sfociate nell’operazione “Game Over”.
Tra questi, spiccano i nomi di Francesco Nania, socio di Bacchi e, per un determinato periodo, anello di collegamento tra l’imprenditore e le famiglie mafiose palermitane. Ma anche Fabio Chiovaro (non indagato in questo procedimento), reggente del mandamento della Noce. E poi Sebastiano Vinciguerra (arrestato oggi), di Brancaccio, incaricato fino al 2014 della riscossione e successiva distribuzione alle altre famiglie delle somme dovute da Bacchi; Girolamo Biondino (non indagato in questo procedimento), reggente di San Lorenzo; Giovanni Cacciatore e Giuseppe Fricano (non indagati in questo procedimento), di Resuttana; Alessandro Alessi (non indagato), di Pagliarelli; Alessandro D’Ambrogio (non indagato), di Porta Nuova; Giovanni Nicoletti (arrestato), di Cruillas ed altri.
Il sistema creato dagli indagati ha generato un enorme flusso di denaro contante che, ben presto, ha posto Bacchi nelle possibilità o, necessità’ di trovare nuovi canali d’investimento che gli consentissero di “ripulire” il denaro e farlo rientrare nel tessuto economico legale. Da qui, l’investimento occulto per circa 750.000 euro nell’azienda edile CEV srl di Devis Zangara (arresti domiciliari per riciclaggio), società impegnata nella costruzione di importanti edifici in area palermitana tra cui i supermercati Lidl di Partinico e di viale Regione Siciliana a Palermo. Costruzione, quest’ultima, effettuata in società con la SI.CO.SE di Alfredo Cannone (arresti domiciliari per riciclaggio) che era stata finanziata per circa 950.000 euro dallo stesso Bacchi.
E poi, secondo quanto accertato dagli investigatori, l’acquisto per interposta persona del terreno, del valore di 1 milione di euro, a Partinico su cui è stato costruito il Lidl. E l’acquisto della villa dell’ex calciatore del Palermo, Giovanni Tedesco, per 500 mila euro, subito rimessa in vendita a 1.3 milioni di euro. Inoltre, sempre secondo gli inquirenti, Bacchi avrebbe manifestato interessi per investimenti di rilevante valore nelle più disparate categorie economiche, dall’acquisto della testata giornalistica on line Live Sicilia, all’import-export di petrolio fino alla progettazione di una futuristica batteria solare a ciclo continuo inesauribile. Da sottolineare, infine, la sua disponibilità a partecipare alla sanatoria per le sue 700 agenzie che, ove approvata, avrebbe previsto il pagamento di 10.000 euro per ogni punto gioco per un totale, quindi, di 7 milioni di euro. La gran parte della disponibilità economica di Bacchi sarebbe stata dissimulata mediante una rete di società, anche di diritto maltese, strutturate in modo da occultarne la reale proprietà e create grazie alla complicità di consulenti e professionisti: (Giampieri Rappa e Salvatore Cusumano, entrambi arrestati, Antonino Grigoli, ai domiciliari, tutti indagati per riciclaggio).
Il gip del Tribunale di Palermo, su richiesta della locale Procura, nell’ambito dell’operazione denominata “Game Over” condotta dagli agenti del Servizio Centrale Operativo e della Squadra Mobile di Palermo, ha ordinato il sequestro per equivalente dei beni dell’imprenditore Benedetto Bacchi e del suo nucleo familiare fino alla concorrenza di più di 4 milioni di euro per i reati di riciclaggio e auto riciclaggio.
Il magistrato, inoltre, ha disposto il sequestro preventivo delle quote sociali e dell’intero patrimonio aziendale della Phoenix International Ltd, società di diritto maltese con cui stanno tuttora operando alcune agenzie di Bacchi entrate in sanatoria, e le quasi 50 agenzie, distribuite su tutto il territorio nazionale, che operano con concessione Phoenix. Analogo ragionamento, seppur con dimensioni minori, vale per Francesco Nania, socio di Bacchi, che, grazie al prestanome campano Michele De Vivo (arrestato oggi), avrebbe fondato la società World trading enterprises, sottoposta a sequestro, di import-export di prodotti alimentari verso gli Stati Uniti mediante la quale aveva in animo di “invadere New York di pomodori”, come emerge da alcune intercettazioni. Alcuni parenti di Nania, in particolare il cognato Vito Rappa, vivono negli Stati Uniti e gestiscono alcune pizzerie che operano con insegna Francesco’s.
Le indagini, condotte dagli agenti del Servizio Centrale Operativo e della Squadra Mobile di Palermo, sfociate nell’operazione denominata “Game Over”, hanno preso il via dall’analisi di numerosi brani intercettati nell’ambito delle investigazioni condotte sul mandamento mafioso di “San Lorenzo”, dalle quali si evinceva chiaramente come Cosa nostra avesse riposto particolare interesse nel settore dei giochi, con particolare riferimento alle agenzie di scommesse e alle slot machine.
In tale contesto, sono emerse le figure di Benedetto Bacchi e Gerardo Orvieto Guagliardo, operatori del comparto dalle spiccate capacità imprenditoriali che, sfruttando la contiguità con autorevoli esponenti mafiosi, si sarebbero contesi il mercato del gioco abusivo, ciascuno con il proprio circuito, “con equilibri mutevoli – spiegano gli inquirenti – in ragione dei rapporti di forza esistenti tra le diverse famiglie mafiose di riferimento”.
Per il periodo compreso tra febbraio e giugno del 2013, infatti, Orvieto e il socio Lo Bianco (arrestato oggi), forti dell’appoggio di una fazione della famiglia mafiosa di Partinico (Salvatore Coppola) vicina al reggente del mandamento di Resuttana (Giuseppe Fricano), sarebbero riusciti ad imporre il proprio circuito (“Leaderbet”) sul territorio ricadente nella “giurisdizione” del mandamento a discapito di Bacchi e del socio Lo Baido (titolari del marchio “B2875”) che, invece, avevano monopolizzato l’area di San Lorenzo beneficiando dei buoni rapporti con la famiglia Biondino.
Successivamente, l’ascesa di Francesco Nania, scarcerato nell’ottobre 2013, e Antonino Pizzo (arrestato oggi), considerati vertici della famiglia di Partinico e molto vicini a Giuseppe Fricano di Resuttana, spostarono decisamente gli equilibri in favore di Bacchi. Ripercorrendo le dichiarazioni di Vito Galatolo, ex boss di Cosa nostra, Bacchi “si prese tutta Palermo…, metteva tutto quello che voleva a Resuttana, alla Noce, a Pagliarelli, a Palermo Centro…”.
Bacchi, definito il “re” siciliano del gioco on line, grazie alla sua capacità di stringere accordi particolarmente vantaggiosi con Cosa nostra, sarebbe riuscito a creare un modello aziendale, tanto efficiente quanto illegale, forte di più di 700 agenzie di scommesse in tutto il territorio nazionale e con tentativi di proiezioni internazionali finanche in Costa d’Avorio tramite l’interessamento di Giuseppe Gelardi (non indagato in questo procedimento), mafioso di Partinico catturato in Costa d’Avorio dove ha vissuto parte della sua latitanza. L’imprenditore partinicese avrebbe strutturato una rete commerciale basata su differenti livelli di responsabilità e, conseguentemente, proporzionali percentuali di distribuzione degli utili. La base era rappresentata dai singoli centri scommesse che erano coordinati dai vari agenti di zona (personal jokers) che, a loro volta, rispondevano del loro operato ai masters territoriali i quali, in ultimo, si relazionavano con i proprietari del sito.
L’organizzazione, inoltre, beneficiava dell’importante contributo di diverse figure professionali (consulenti tecnici, commercialisti, esperti di legislazione comunitaria). Il meccanismo, sottolineano gli investigatori, operava in aperta violazione della normativa di settore che prevede l’obbligo, per l’esercizio dell’attività di raccolta delle scommesse on line, di munirsi di concessione da parte dell’Agenzia dei Monopoli e delle Dogane e della licenza rilasciata dal Questore.
La capillarità delle distribuzione delle agenzie e il livello di efficienza raggiunto nel volgere di pochi mesi avrebbe consentito a Bacchi di realizzare profitti netti quantificati in oltre ad un milione di euro mensili, secondo quanto stimato dagli investigatori. “E’ evidente che tali risultati – sottolineano gli inquirenti – non sarebbero mai stati raggiunti senza il decisivo intervento dell’organizzazione mafiosa che imponeva alle agenzie operanti nei territori di rispettiva influenza di giocare sul sito di proprietà di Bacchi”. Questi, a fronte di tale “sponsorizzazione”, avrebbe versato nelle casse di Cosa nostra somme variabili tra i 300 e gli 800 mila euro l’anno. “E’ chiaro – tengono a precisare gli investigatori – come il rapporto tra imprenditore e organizzazione mafiosa sia evoluto dal tradizionale modello vittima-estortore ad un più redditizio e meno rischioso rapporto societario”.