Mafia: dieci arresti, duro colpo ai vertici dei clan agrigentini e palermitani

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Colpo a boss ed estorsori delle mafia agrigentina. Operazione dei carabinieri ordinanze di custodia cautelare in carcere nei confronti di elementi di vertice di cosche mafiose di Cosa nostra agrigentina e del palermitano, che erano stati rimessi in libertà dal Tribunale del riesame a febbraio dopo l’imponente operazione Montagna.

I Carabinieri del Comando provinciale di Agrigento hanno fatto scattare le manette a dieci capimafia e notificato un obbligo di dimora a un undicesimo indagato. L’operazione è stata coordinata dalla Dda di Palermo. L’ipotesi di reato contestata è associazione mafiosa armata finalizzata alle estorsioni.

I giudici del Riesame, nei mesi scorsi, avevano annullato per difetto di motivazione ben 13 misure cautelari sostenendo che il gip che aveva disposto i provvedimenti si fosse limitato a fare un copia e incolla della richiesta di arresto depositata dai pm Gery Ferrara, Claudio Camilleri e Alessia Sinatra. Una decisione, quella del Riesame, che aveva fatto tornare liberi mafiosi ed estorsori. E per mesi vittime e carnefici si sono ritrovati faccia a faccia.

La Procura di Palermo ha fatto ricorso contro la decisione del tribunale. La Cassazione, che si sta pronunciando in questi giorni, ha dato ragione ai pm e ha annullato con rinvio già otto delle tredici scarcerazioni disposte dal Riesame. Dopo l’operazione Montagna, rompendo un muro di omertà storico, per la prima volta, decine di commercianti e imprenditori della provincia per anni vittime del racket, hanno iniziato a collaborare con gli inquirenti facendo nomi e cognomi degli esattori del pizzo.

Un paradosso accaduto in una provincia che è stata teatro della più grossa operazione antimafia mai fatta nella zona. Cinquantasette arresti, con boss di prima grandezza finiti in cella insieme ad esattori del pizzo, gregari e prestanomi. L’hanno chiamata “operazione Montagna” perché a tappeto sono stati disarticolati i vertici di tutti i clan dell’area montana. Cosche come quella di Raffadali, Aragona, S. Angelo Muxaro e San Biagio Platani, Santo Stefano di Quisquina, Bivona, Alessandria della Rocca, Cammarata e San Giovanni Gemini sono rimaste “orfane” dei loro capi, come Antonino Vizzì e Luigi Pullara, fino alle scarcerazioni disposte dal Riesame.

Paradossalmente, invece, è rimasto in carcere Giuseppe Quaranta, ex capomafia di Favara che, dalla fine di gennaio, ha cominciato a collaborare con i magistrati . Le sue dichiarazioni e le ammissioni delle vittime del pizzo sono elementi nuovi usati dalla Procura per gli arresti di oggi.

L’indagine, coordinata dal Procuratore Francesco Lo Voi, racconta di una mafia che parla un linguaggio antico, perpetua organigrammi tradizionali, fa affari con la droga e le estorsioni e si vanta di esistere “fin dalla storia del mondo”. Ma non disdegna business nuovi. Ovunque ci siano fondi pubblici su cui mettere mano i clan accorrono. Dall’inchiesta è emerso, infatti, tra l’altro che il capomafia di Cammarata Calogerino Giambrone avrebbe cercato di infilarsi nella gestione di una coop, la San Francesco di Agrigento, che si occupa di accoglienza di migranti.

Il blitz, scattato nel cuore della notte, è stato eseguito da oltre 100 militari, supportati da un elicottero, da unità cinofile e dallo Squadrone eliportato Carabinieri Cacciatori di Sicilia. Numerose perquisizioni alla ricerca di droga e armi sono ancora in corso. L’operazione è scaturita da indagini svolte dai carabinieri del reparto operativo di Agrigento tra febbraio e maggio 2018 e che hanno permesso di acquisire ulteriori elementi di prova, corroborati anche dalle dichiarazioni di un nuovo collaboratore di giustizia arrestato nell’ambito dell’operazione Montagna.

In particolare, sono emersi nuovi elementi di prova sul coinvolgimento dei 10 arrestati, rimessi in libertà nel mese di febbraio dal tribunale del Riesame, in estorsioni, tentate e consumate, ai danni di sette società appaltatrici di opere pubbliche. L’inchiesta in corso aveva già documentato l’esistenza del nuovo mandamento della Montagna, risultato essere il frutto di una scelta fatta nel 2014 da Francesco Fragapane, arrestato durante il primo blitz, ritenuto capo del mandamento e figlio di Salvatore, già capo provincia di Cosa Nostra agrigentina(ANSA/adnkronos)