Dieci persone sono state arrestate stamane dai carabinieri di Palermo perché ritenute a vario titolo responsabili di estorsioni, con l’aggravante di avere favorito Cosa nostra.
Le indagini sono il risultato degli approfondimenti successivi all’operazione Talea che, il 5 dicembre 2017, aveva consentito di disarticolare la struttura di vertice dei mandamenti mafiosi di Resuttana e San Lorenzo-Tommaso Natale, con l’arresto fra gli altri di Maria Angela Di Trapani, moglie di Salvino Madonia, storico boss condannato all’ergastolo anche per l’omicidio dell’imprenditore Libero Grassi. In particolare, il giudice ha contestato agli indagati tre estorsioni consumate nel tempo a Palermo a danno di 2 esercizi commerciali.
Il giudice ha contestato agli indagati tre estorsioni ai danni di due esercizi commerciali ricostruite grazie alle successive collaborazioni e denunce delle vittime e al pentito Sergio Macaluso, esponente della famiglia mafiosa di Resuttana.
Nel contrasto al fenomeno del racket ha avuto un importante ruolo l’associazione Addiopizzo, in un consolidato sistema di tutela e di supporto alle vittime. Le ordinanze di custodia cautelare sono state notificate in carcere a Pietro Salsiera, 60 anni, Giovanni Niosi, 64 anni, arrestati nel blitz “Talea” di 11 mesi fa, di Giuseppe Fricano, 67 anni, Antonino Siragusa, 48 anni, Antonino Tarallo 45 anni, e Michele Pillitteri, 58 anni, catturati nell’operazione “Apocalisse” del 2014, di Salvatore Di Maio, 46 anni, in cella dal 2011 e di Mario Napoli, 53 anni, preso l’anno prima. Due gli arrestati la scorsa notte dai militari Antonino Cumbo, 53 anni e Carlo Giannusa, 49 anni.
“Le indagini hanno fatto emergere diverse vicende estorsive che sono state dettagliatamente ricostruite grazie alla collaborazione delle vittime”. Lo ha detto il maggiore Dario Ferrara, comandante del nucleo investigativo dei carabinieri a Palermo, commentando i dieci ordine di custodia cautelare eseguiti oggi.
“In particolare – ha aggiunto il comandante Dario Ferrara – i titolari di una delle attività commerciali estorte hanno collaborato pienamente facendo emergere tutte le richieste di pizzo che li hanno coinvolti negli ultimi 20 anni. Nel 1997 quando hanno acquisito l’attività hanno anche rilevato il pagamento del pizzo ai mafiosi, ciò è avvenuto fino al 2015. L’ammontare nell’estorsione era di 6 milioni che poi si è trasformato in 3 mila euro e poi ridotto a 1500 euro negli ultimi anni. Dazioni che sono avvenute nel periodo precedente le festività alle pasquali e quelle natalizie”.
“Le estorsioni costituiscono ancora uno degli introiti delle casse delle famiglie mafiose non l’unico e neanche il più importante. Sono una delle fondamentali attività di controllo del territorio – ha affermato il comandante Dario Ferrara – Le dichiarazioni del collaboratore di giustizia hanno consentito di corroborare un quadro accusatorio che era già granitico grazie alle intercettazioni e alla collaborazioni delle vittime”.