L’incontro avvenne nello stesso giorno in cui, sempre a Roma, Borsellino, insieme con l’allora procuratore aggiunto Vittorio Aliquò interrogò il pentito Gaspare Mutolo. “Il Viminale aveva chiamato Aliquò, che era l’aggiunto anziano, per invitarli all’insediamento di Mancini e fu Aliquò a dire a Borsellino ‘Dobbiamo andare lì’ – racconta ancora Gioacchino Natoli – Immagino che Borsellino si sarà arrabbiato non poco perché concentrato sull’interrogatorio e andare a fare attività di rappresentanza istituzionale non lo rendeva felice”.
Natoli, rispondendo alle domande del Procuratore aggiunto Vittorio Teresi, ricorda quindi quel giorno, così come poi gli venne poi raccontato dallo stesso Borsellino. “Aliquò e Borsellino furono fatti attendere in un salottino e questo lo colpì non poco”, dice. “E mentre attendevano, Paolo Borsellino vide aprire la porta e apparire l’allora capo della Polizia Parisi che lo salutò. E dietro Parisi vide il dottor Bruno Contrada, il quale peraltro salutandolo velocemente gli disse: ‘So che state interrogando Mutolo, tenga presente che io a suo tempo ho fatto indagini su Mutolo e se posso essere utile…’. Questa cosa lo sorprese molto perché della collaborazione di Mutolo non si era parlato ancora con nessuno al di fuori dell’ambiente giudiziario”. Lo stesso pentito Gaspare Mutolo, durante un interrogatorio tenuto da Gioacchino Natoli con Guido Lo Forte, gli aveva fatto i nomi di Bruno Contrada e Mimmo Signorino, il magistrato di Palermo che si suicidò poco dopo quelle rivelazioni del collaboratore. Natoli ha poi ricordato che dopo “le stragi del ’92, si respirava un’aria molto tesa alla Procura di Palermo”.