“La provincia di Agrigento è più seria. I palermitani sono come sono… le persone c’erano, ce n’erano una decina di affidabili. A Palermo non ci sono più persone affidabili, se ce n’è ancora qualcuna, non lo so. Io posso arrivare fino a Corleone, dove ci sono persone con la testa sulle spalle, che ti dicono una cosa ed e’ una cosa”.
La sfiducia verso Cosa nostra palermitana, considerata ormai allo sbando, senza più una direzione vera, soprattutto dopo la morte di Toto’ Riina, è uno degli elementi che vengono fuori anche dalle intercettazioni dell’operazione antimafia “Montagna” dei carabinieri del Comando provinciale di Agrigento che hanno eseguito 56 ordinanze di custodia cautelare nei confronti dei vertici dei mandamenti e delle cosche di Cosa nostra dell’Agrigentino.
L’imponente blitz, ordinato dalla Dda di Palermo, è stato eseguito da 400 militari supportati da un elicottero della Squadra Elitrasporto Cacciatori di Sicilia e da unità cinofile, e ha disarticolato i mandamenti di Santa Elisabetta e Sciacca e 16 famiglie mafiose della provincia. Arrestato per concorso esterno in associazione mafiosa anche il sindaco di San Biagio Platani Santo Sabella; dimostrati stretti collegamenti con i vertici delle cosche di quasi tutta la Sicilia e delle ‘ndrine calabresi.
Gli arrestati avrebbero compiuto estorsioni nei confronti di 27 aziende oltre ad essere ritenuti colpevoli di traffico di droga. Pizzo veniva inoltre chiesto anche a cooperative di gestione di immigrati e richiedenti asilo. Sette le società sequestrate. Decine le perquisizioni. (AGI)