Mafia, sequestro beni da 1,5 milioni per Totò Riina e l’intera famiglia

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totò riina

I Carabinieri del Ros, coadiuvati da quelli del Comando Provinciale di Palermo e Trapani, stanno eseguendo un decreto di sequestro beni emesso dal Tribunale – sezione misure di prevenzione – di Palermo nei confronti del capo di Cosa nostra Salvatore Riina e del suo nucleo familiare per un valore complessivo di circa 1,5 milioni di euro.

Le indagini patrimoniali hanno consentito di individuare e colpire il patrimonio occulto riconducibile a Salvatore Riina, alla moglie Ninetta Bagarella e ai figli, Giuseppe Salvatore, Maria Concetta e Lucia. I beni sequestrati sono localizzati prevalentemente nelle province di Palermo e Trapani, e sono costituiti da 3 società, una villa, 38 rapporti bancari e, soprattutto, numerosi terreni.

Punto cruciale dell’indagine patrimoniale è rappresentato dalla evidente sperequazione tra i redditi dichiarati negli anni da Riina e dai suoi congiunti, da cui è stato possibile ipotizzare l’utilizzo di mezzi e di risorse finanziarie illecite. In tale quadro, è emersa la significativa e continuativa disponibilità di denaro contante della famiglia, ed in particolar modo della moglie che, malgrado i molteplici sequestri di beni mobili subiti nel tempo ed a fronte dell’assenza di redditi ufficiali, è riuscita a emettere nel periodo 2007-2013 assegni per un valore di oltre 42.000 mila euro a favore dei congiunti detenuti.

Il sequestro comprende, inoltre, la villa di 5 vani sita a Mazara del Vallo, in via degli Sportivi 42, in cui, in passato, nei periodi estivi Salvatore Riina avrebbe trascorso la latitanza con il proprio nucleo familiare. Le indagini hanno ricondotto l’effettiva proprietà dell’immobile, intestata a un prestanome Salvatore Riina il quale, dopo la sua cattura avvenuta nel gennaio del 1993, l’avrebbe ceduta al fratello Gaetano attraverso un contratto di locazione fittizio. In passato, nel gennaio del 1984, Gaetano Riina, fratello di Totò, aveva già subito la confisca dell’abitazione a lui intestata, in contrada Banno Miragliano di Mazara del Vallo, da parte del giudice Alberto Giacomelli del Tribunale di Trapani, che proprio per questo motivo venne ucciso il 14 settembre 1988. Per quell’omicidio Totò Riina è stato condannato all’ergastolo.

Le intercettazioni hanno rivelato come l’abitazione fosse stata oggetto di disputa tra Gaetano Riina e la cognata Ninetta Bagarella che ne rivendicava la proprietà per sé e i suoi figli. Il provvedimento di oggi si estende alle province di Lecce e Brindisi, dove sono localizzati i beni aziendali formalmente intestati a Antonino Ciavarello, genero di Riina. L’esame incrociato della contabilità di queste aziende ha evidenziato “una sperequazione di 480 mila euro, immessi per lo più in contanti e in numerose tranches nei patrimoni sociali senza alcuna giustificazione legale”.

Il Tribunale di Palermo, contestualmente al sequestro, ha inoltre sottoposto ad amministrazione giudiziaria l’azienda agricola dell’ente Santuario Maria Santissima del Rosario di Corleone. In particolare è stata accertata l’ingerenza di Salvatore Riina e della sua famiglia nel controllo e nella gestione di un vasto appezzamento di terreno del santuario. Le indagini del Ros hanno posto in luce l’irregolare gestione dell’azienda agricola, di fatto amministrata per conto della famiglia Riina alla quale spettava ogni decisione sia sull’utilizzo dei terreni che sulla distribuzione delle rendite, esautorando il legale rappresentante dell’azienda. Per tali motivi è stata disposta l’amministrazione giudiziaria per 6 mesi.

L’operazione rappresenta un ulteriore elemento sintomatico di come l’anziano e malato capo di Cosa nostra, nonostante la lunga detenzione, sia riuscito nel tempo ad imporre il proprio volere riguardo dinamiche criminali non solo interne al mandamento di Corleone, ma anche nei più generali assetti di Cosa nostra, come hanno dimostrato, nel 2008, gli esiti dell’operazione denominata “Perseo” dei Carabinieri.

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