Mafia: summit su gommoni e baci in bocca, i boss riorganizzavano Cosa nostra

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Un doppio colpo alla mafia assestati, anche sull’onda di alcune denunce antiracket, sui due versanti della Sicilia per fermare i progetti e la voglia di rialzare la testa, sempre in agguato. Come lo è il “vecchio garantito”, anche se “sgualcito” dal carcere.

Boss tornati in libertà che volevano riorganizzare Cosa nostra, riprendersi saldamente le redini per dare nuovo smalto all’organizzazione piegata dagli arresti, ma che è sempre pronta a rimettersi in piedi. Così, i summit per studiare strategie e affari si svolgevano anche sui gommoni, al largo di Palermo, sul mare che guarda alla borgata di Sferracavallo, lontano da sguardi indiscreti. E baci in bocca in segno di potere e rispetto a suggellare appartenenze, fedeltà e linee di comando.

Giulio Caporrimo – “Cento carati” – e Nunzio Serio, due pezzi da novanta del mandamento Tommaso Natale-San Lorenzo, sempre cruciale, prendevano le loro decisioni incontrandosi anche bordo dei rispettivi natanti, come emerso nell’ambito dell’operazione “Teneo” dei carabinieri coordinati dalla Dda di Palermo, con 10 arresti.

Nell’altro capo dell’Isola, a Catania, altra operazione contro il clan mafioso Cappello-Bonaccorsi. Centinaia di poliziotti, con i Reparti Speciali ed i Nuclei Investigativi, coordinati dalla Dda etnea e dal Servizio Centrale Operativo, hanno eseguito 52 misure cautelari; coinvolti nel blitz “Camaleonte” anche mogli e figli dei boss. Tra arredi sfarzosi e pacchiani e quadri raffiguranti Al Pacino-Scarface.

“Con questa operazione abbiamo inflitto un fortissimo colpo a una delle organizzazioni mafiose più pericolose e aggressive del nostro territorio”, ha detto il procuratore di Catania, Carmelo Zuccaro, “un clan che, nonostante le numerose operazioni, ha dimostrato di una grande capacità di rigenerarsi, espandersi e infiltrarsi nel tessuto economico e sociale”.

Avevano infatti un giro di affari nei quartieri di Picanello, San Cristoforo e San Giorgio e a Malta, che si aggirava attorno al milione e mezzo di euro i tre gruppi che componevano il clan Cappello-Bonaccorsi smantellati. L’organizzazione era capace di far arrivare ingenti quantitativi di droga anche a Malta ed aveva in progetto di farvi giungere due approvvigionamenti al mese. Sottolineato il ruolo “fondamentale” delle donne, molte delle quali destinatarie dei provvedimenti restrittivi, che sostituivano gli uomini quando questi erano in carcere e avevano la contabilità del traffico di droga e ‘recupero crediti’.

A Trapani, intanto, a completare il quadro, la Dia ha confiscato beni per 250 mila euro a Gaspare Como, commerciante di Castelvetrano e cognato di Matteo Messina Denaro. Il provvedimento è stato disposto dal Tribunale di Marsala al termine del procedimento penale che ha portato alla sua condanna a 3 anni e 6 mesi di reclusione per trasferimento fraudolento di valori.

Piovre e gommoni, dunque. E l’ordine del boss: via le moto d’acqua dalla borgata palermitana Sferracavallo, infestino pure Mondello. La guerra (anche in mare) non è finita, insomma. Le microspie hanno registrato uno spaccato singolare della vicenda: Giulio Caporrimo lamentava uno scadimento sempre maggiore dei costumi del luogo per la presenza delle moto d’acqua che scorrazzavano vicino ai bagnanti di Sferracavallo.

Il capomafia raccontava di essere intervenuto personalmente nei confronti di alcuni utilizzatori originari dei quartieri di Brancaccio e di Pagliarelli, i quali, riconoscendolo, avevano tenuto un comportamento remissivo, tanto da essersi di seguito spostati sulla zona di Mondello, dall’altro lato della riserva di Capo Gallo, perché a Sferracavallo “c’era lo zio in porto”.

Si trattava di mettere mano ad assetti e forme efficaci di controllo del territorio e la gestione delle estorsioni restava fondamentale. Ma anche l’anello debole: la denuncia-ribellione di due vittime ha dato impulso all’inchiesta.

“E’ un passo avanti, decisivo, per sgretolare il muro di omertà attorno a Cosa nostra, la scelta di due imprenditori di denunciare spontaneamente le richieste estorsive da parte del clan”, sottolinea il comandante provinciale dei carabinieri, il generale Arturo Guarino. La strada è ancora lunga.

Decisivo nell’indagine il monitoraggio di Vincenzo Taormina, imprenditore del settore movimento terra, attivo anche nel pizzo, particolarmente vicino a Francesco Paolo Liga. La reggenza di quest’ultimo era ritenuta di scarsa efficacia ed era vissuta negativamente da molti affiliati, i quali riponevano grandi aspettative per un rinnovato potenziamento di Cosa nostra nella scarcerazione nel febbraio 2017, proprio di Caporrimo, (e poi di Nunzio Serio e di altri affiliati arrestati nell’operazione “Oscar”), di cui esaltavano la capacità di comando, il carisma e l’influenza nella dinamiche mafiose. Scarcerato nel febbraio 2017, reggente del mandamento tradizionale regno dei Lo Piccolo, tutti in lui riponevano grandi aspettative per il rilancio della mafia palermitana disorientata e fiaccata dai ripetuti blitz: “Cento carati…”, “L’hai sentita la buona notizia? E’ uscito Giulio, e’ uscito…”.

L’indagine, seguita da un pool di magistrati coordinati dal procuratore aggiunto Salvatore De Luca, costituisce, dunque, spiegano gli inquirenti, una ulteriore fase della manovra investigativa condotta dal Nucleo Investigativo di Palermo sul mandamento mafioso di Palermo Tommaso Natale che ha consentito di confermare la tenace operatività di questa porzione importante di Cosa nostra. Proprio grazie ai boss scarcerati.

“Le indagini coprono il periodo che va da febbraio 2017 a settembre 2017, un arco di tempo nel quale Giulio Caporrimo, scarcerato e poi riarrestato per un residuo di pena – spiega il colonnello Mauro Carrozzo, comandante del Reparto Operativo del comando provinciale – ha avuto il tempo di riorganizzare il mandamento di Tommaso Natale con particolare attenzione alle attività estorsive che da sempre sono una delle principali fonti di reddito di cosa nostra per incrementare le casse di cosa nostra e assistere le famiglie degli associati detenuti”.

In effetti, gli equilibri mafiosi si sono spostati immediatamente in favore di Caporrimo e di Serio, con un ridimensionamento di Liga. La libertà d’azione del primo è durata sette mesi, poiché nel settembre 2017, era stato raggiunto da un nuovo provvedimento restrittivo; da quel momento in poi, le redini del mandamento mafioso sono state prese da Serio, sino al suo arresto avvenuto nel maggio 2018.

In quel mese, il 29 maggio, si è riunita per la prima volta dopo l’arresto di Riina, la ricostituita commissione provinciale di cosa nostra palermitana, a cui ha preso parte Calogero Lo Piccolo, nuovo rappresentante del mandamento di Tommaso Natale, poi tratto in arresto nel gennaio 2019 con il seguito dell’operazione “Cupola 2.0”, nel corso della quale sono stati tratti in arresto ben sei capi mandamento, tutti promotori e protagonisti del nuovo progetto di ristrutturazione dell’organizzazione criminale, compreso Settimo Mineo che avrebbe dovuto assumere la carica di vertice provinciale. Nel corso degli ultimi anni, il complesso percorso investigativo ha permesso l’esecuzione di numerose operazioni nei confronti degli esponenti del mandamento mafioso di Tommaso Natale tra cui “Oscar” (2011), “Apocalisse” (2014) e “Talea” (2017) in cui era stata cristallizzata la reggenza di Francesco Paolo Liga (figlio dello storico boss Salvatore, detto “u Tatenuddu”), poi affiancato, a partire dalla sua scarcerazione avvenuta nell’ottobre 2015, da Giuseppe Biondino (figlio di Salvatore, l’autista di Totò Riina), arrestato di nuovo nel gennaio 2018. L’azione delle forze dell’ordine non si e’ mai fermata e la guardia, assicurano gli investigatori, resta alta. (AGI)