Migranti: in 177 ancora su nave Diciotti in attesa di scendere a terra, presidio nel porto di Catania

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“Restiamo umani” e “Stop the attack on refuges”. Sono gli slogan di due striscioni esposti nel porto di Catania in un presidio organizzato dalla Rete Antirazzista Catanese per chiedere che vengano fatti scendere i migranti dalla nave Diciotti. Le forze dell’ordine non fanno avvicinare i manifestanti, una ventina, alla nave.

“E’ al limite dell’umanità definire questo uno scalo tecnico – ha detto Claudia Urzì, dell’Unione sindacale di base di Catania – quando vi sono a bordo 177 persone in condizioni di assoluto disagio. La notte scorsa i locali nel porto erano pieni di persone e a pochi metri c’era la nave con i migranti che ancora aspettano di conoscere la loro sorte. Di fatto questi governanti, in questo caso il ministro Salvini, si stanno giocando i trattati con l’Unione europea”.

Restano ancora a bordo di nave Diciotti, attraccata dalla notte tra lunedì e martedì nel porto di Catania, i 177 migranti soccorsi al largo di Lampedusa che da sei giorni attendono di poter toccare terra dopo una ripartizione tra i Paesi dell’Unione. Sul molo di levante ci sono Polizia di Stato, Carabinieri e militari della Capitaneria di Porto, che tengono lontani i giornalisti, ma non le organizzazioni di soccorso e volontari. Molti dei migranti sono sul ponte della nave e il personale ha steso un telone per proteggere una parte del ponte dal sole. A bordo ci sarebbero diversi minorenni e 28 di questi, secondo Save the Children, sarebbero non accompagnati.

Un fascicolo “atti relativi”, senza reati, sull’approdo di nave Diciotti nel molo di Levante di Catania, è stato aperto dalla procura etnea. A firmarlo il procuratore aggiunto Marisa Scavo e il sostituto Andrea Bonomo. L’inchiesta principale resta comunque quella aperta dalla procuratore di Agrigento, Luigi Patronaggio, sul tentativo di sbarco di un barcone con 190 profughi a Lampedusa, e sugli interrogatori di 13 delle persone arrivate a Porto Empedocle per evacuazione medica e sentite dalla Squadra mobile di Agrigento e dalla guardia Costiera. Alcuni degli sbarcati a Lampedusa avrebbero detto di essere stati avvicinati dai soccorritori maltesi che li avrebbero poi indirizzati verso l’Italia.

Preoccupazione del garante nazionale dei detenuti Mauro Palma

Il Garante nazionale dei diritti delle persone private della libertà personale, Mauro Palma, nel seguire la vicenda della nave Diciotti, priva di autorizzazione allo sbarco dal 16 agosto scorso, in una lettera al Ministero dell’Interno esprime “preoccupazione” per la situazione di stallo. La maggioranza dei migranti sarebbe, secondo quanto risulta al Garante, di nazionalità eritrea e a bordo ci sarebbero oltre 20 minori non accompagnati.

“Le persone a bordo della nave – ricorda – si trovano in una condizione di privazione della libertà di fatto: senza la possibilità di libero sbarco e senza che tale impossibilità di movimento sia supportata da alcun provvedimento che definisca giuridicamente il loro stato. Ciò potrebbe configurarsi come violazione dell’articolo 13 della Costituzione e dell’articolo 5 della Convenzione europea dei diritti dell’uomo (CEDU)”. Il Garante ricorda che già nel 2016 l’Italia è stata condannata dalla Corte europea dei diritti dell’uomo per la mancanza di un’idonea base legale per il trattenimento nel 2011 di alcuni cittadini tunisini nel Centro di Lampedusa e in alcune navi ormeggiate nel porto di Palermo.

La prolungata permanenza dei migranti a bordo della nave – a quanto risulta al Garante essi sono costretti a dormire sul ponte e esposti alle condizioni climatiche, in situazione di sovraffollamento e di promiscuità – potrebbe configurarsi come violazione dell’articolo 3 (divieto di trattamenti inumani e degradanti) della CEDU, soprattutto se sono coinvolti soggetti vulnerabili come minori o persone traumatizzate.

“Ora l’approdo al porto di Catania senza possibilità di sbarco – sottolinea il Garante -, se forse ha ridotto tale rischio di violazione ha anche reso ancor più evidente l’incongrua situazione di privazione della libertà personale. La mancata autorizzazione allo sbarco, con la conseguente impossibilità di valutare le singole situazioni, appare ancor più critica visto che la maggior parte dei migranti è di nazionalità eritrea, e dunque in “evidente bisogno di protezione internazionale”, secondo la terminologia utilizzata dalla Commissione europea nella procedura di relocation operativa fino al settembre 2017″.

Il Garante ricorda che “il trattamento riservato finora ai migranti è in contrasto con la piena effettività del diritto di accedere alla procedura d’asilo. Principio, questo sancito dalla Convenzione di Ginevra, dal diritto comunitario e dalla normativa italiana”.

Infine, il Garante esprime “rammarico per alcune affermazioni circolate in questi giorni e non smentite che vanno nella direzione della costruzione di una cultura che tende a considerare irrilevante la vita delle persone rispetto al dirimersi di conflitti di responsabilità tra diversi Paesi. La tutela dei diritti fondamentali delle persone non può essere sacrificata per nessun motivo, al di là della ragionevole aspettativa dell’Italia verso una maggiore solidarietà europea in tema di crisi migratorie”.