Migranti: per la strage in mare di agosto 2015, la procura di palermo ha chiesto tre ergastoli: per due algerini e un libico, accusati di avere organizzato il viaggio di un barcone dalla Libia alla Sicilia, finito in tragedia, con la morte di decine di persone. Solo 32 cadaveri furono recuperati. Gli altri rimasero in fondo in mare. Il processo si celebra, con il rito abbreviato davanti al Gup del Tribunale di Palermo.
Il Procuratore aggiunto Maurizio Scalia e i pm Claudio Camilleri e Renza Cescon, che hanno coordinato l’inchiesta, al termine della requisitoria, hanno chiesto il carcere a vita per Ali Rouibah, algerino di 25 anni, Imad Busadia, algerino di 24 anni e Abdullah Assnusi, libico di 35 anni. La Procura, in un primo momento, aveva contestato agli imputati il dolo eventuale, ma poi la posizione degli imputati si è aggravata perché i pm hanno dimostrato che appena un’ora dopo la partenza dalla Libia, l’imbarcazione aveva avuto un guasto e imbarcava acqua.
In quel momento, come scoperto dalla Procura, la barca si trovava ad appena 5 km. dalla costa libica. A bordo c’erano almeno 600 persone, di cui almeno 150 immigrati chiusi in stiva. Tra i 32 cadaveri c’erano anche 2 neonate palestinesi, una siriana di 18 mesi. Uno dei sopravvissuti aveva perso due dei quattro figli, di 5 e 10 anni. Un altro aveva perso la moglie e due dei tre figli ancora piccoli. Solo grazie all’intervento di navi della Marina Militare Italiana, furono tratti in salvo numerosi superstiti. Altri due imputati hanno scelto il rito ordinario.
In un primo momento, la Procura aveva fermato i presunti scafisti “sulla base delle dichiarazioni degli occupanti del natante”, i quali avevano precisato che gli altri migranti “circa 200” che si trovavano nella stiva sarebbero deceduti in quanto rimasti imprigionati all’interno del natante inabissatosi.
Nel corso di due distinte spedizioni della Marina Militare l’imbarcazione era stata successivamente individuata e furono effettuate riprese subacquee che documentavano la presenza dei resti di 10 cadaveri, sei dei quali sono stati recuperati. Le operazioni di ripresa e di recupero dei cadaveri dei migranti furono eseguite in difficili condizioni logistiche per le pessime condizioni dello scafo, ormai collassato e di sicurezza per la vicinanza del sito alle acque territoriali libiche.
I sopravvissuti e i cadaveri dei migranti vennero portati nel porto di Palermo il 6 agosto del 2015 a bordo della nave L.E. Niamh della Marina Militare Irlandese. A carico dei tre imputati, per i quali la Procura chiede l’ergastolo, sono anche le aggravanti come quella di avere commesso fatti concernenti l’ingresso nel territorio dello Stato di più di cinque persone; di avere esposto a pericolo la vita e l’incolumità dei cittadini stranieri trasportati, invero costretti a viaggiare a bordo di un’imbarcazione di circa 20 metri lineari, del tutto inidonea ad affrontare la traversata, perché in condizioni di sovraffollamento e priva delle minime dotazioni di sicurezza individuale; di avere sottoposto le persone trasportate ad un trattamento inumano e degradante, avendole reiteratamente percosse e minacciate anche con l’uso di coltelli e bastoni, costringendoli a rimanere seduti ed immobili durante la navigazione e stipandoli in gran parte all’interno della stiva, dalla quale ne impedivano l’uscita ed avendo altresì costretto alcuni dei trasportati a raccogliere l’acqua imbarcata dal natante; di avere commesso il fatto in più di tre persone; di avere commesso il fatto con l’uso di armi.