Nozze finte per ottenere i permessi di soggiorno, blitz della Guardia di finanza

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Nozze finte per ottenere i permessi di soggiorno. E’ quanto emerso dalle indagini che hanno portato all’operazione “Zifar” della Guardia di finanza. In arresto 16 persone a Messina appartenenti a due diverse organizzazioni che operavano tra il Marocco e la città dello Stretto.

Il blitz, ha portato in carcere cinque indagati, mentre altri 11 sono agli arresti domiciliari. L’accusa è di favoreggiamento dell’immigrazione clandestina. Gli arresti sono stati eseguiti a Messina, Catania, Bergamo, Torino e Francoforte sul Meno, in Germania. Le indagini, condotte dagli specialisti del Gruppo investigazione criminalità organizzata del Nucleo di polizia economico-finanziaria di Messina, sotto la direzione della Direzione distrettuale antimafia peloritana, hanno fatto luce su un sistema illecito strutturato, finalizzato all’organizzazione di matrimoni finti tra cittadini italiani e stranieri: marocchini, algerini e tunisini.

L’obiettivo era quello di conseguire la carta di soggiorno per motivi di famiglia, essenziale per l’ingresso e la permanenza sul territorio italiano, o per sanare la posizione di chi era destinatario di un decreto di espulsione già emanato dalla prefettura e reso esecutivo dalla questura.

Le due organizzazioni sarebbero attive dal 2016. L’inchiesta è nata a seguito di un monitoraggio deciso dalla Guardia di finanza per via di diverse dichiarazioni fatte da cittadini italiani in merito al proprio status di celibe, o nubile. Le fiamme gialle hanno subito notato quelle che definiscono “anomale ricorrenze” rispetto a numerosi “matrimoni misti”: nelle varie nozze si ripetevano sempre gli stessi testimoni e gli stessi interpreti stranieri, con “reiterate parentele” tra testimoni e sposi che hanno subito fatto pensare all’esistenza di una vera e propria associazione a delinquere. Ipotesi rafforzata poi da intercettazioni e ulteriori analisi di documenti.

Nell’organizzazione delle nozze finte nulla era lasciato al caso dalle due organizzazioni criminali. Prima di giungere alla stipula del contratto di matrimonio, gli organizzatori adottavano ogni possibile cautela per accreditare la finta convivenza dei novelli sposi. Di qui la necessità di individuare un locale da adibire ad “abitazione coniugale”, in modo che entrambi i coniugi vi portassero la rispettiva residenza anagrafica. Erano poi gli stessi capi a dare consigli su come comportarsi con gli accertatori dei vigili urbani durante la verifica della convivenza. Dopo la celebrazione del matrimonio, che non prevedeva ovviamente alcun festeggiamento (tranne per qualche sporadico caso in cui è stata simulata una festicciola fittizia), l’extracomunitario richiedeva il permesso di soggiorno al competente ufficio della Questura di Messina.

A capo delle due organizzazioni attive a Messina e con “consolidate ramificazioni in Marocco” c’erano due cittadini del paese nordafricano: E.A.A., detto “Samir”, di 36 anni, e C.A., detto “Abramo”, di 51. Erano i due a organizzare i viaggi in Marocco dei finti sposi e ad assisterli nel disbrigo delle pratiche burocratiche antecedenti e successive al fatidico “si”: dalle pubblicazioni al rito nuziale, fino alla fase finale della separazione e del divorzio una volta ottenuto lo scopo del permesso di soggiorno.

I due, tuttavia, potevano contare su una “organizzazione strutturata – raccontano dalla Guardia di finanza -, articolata su più livelli, con ruoli interscambiabili in funzione delle necessità”. Il primo livello dell’organizzazione era costituito dai collaboratori fidati dei due, tutti cittadini marocchini: E.H.O., 37 anni; E.Y., 30 anni; S.K.O., 37 anni; E.F.R., 55 anni; R.I., 49 anni; E.A.E.H., 42 anni. Questi erano incaricati di reclutare i falsi sposi e di curare le pratiche burocratiche per il matrimonio e successivamente per l’ottenimento dei documenti in favore dei cittadini extracomunitari. In Marocco operavano i componenti della banda dediti all’ottenimento dei documenti necessari alla celebrazione dei matrimoni nel paese nordafricano presso il Consolato Generale d’Italia a Casablanca: Z.L., detta “Sara”, di 51 anni, e la figlia, L.M., di 26 anni.

Il secondo livello dell’organizzazione era costituito dai testimoni di nozze e dagli interpreti, mentre del terzo facevano parte cittadini italiani, principalmente donne, che versavano in condizioni disagiate: in un primo momento queste sono state coinvolte per essere destinate alle false nozze e in seguito sarebbero diventate “volano” per i nuovi affari illeciti reclutando nuovi possibili sposi. Questi i coinvolti: T.A., di 45 anni; B.L., di 55 anni; V.R., di 29 anni; O.A. di 25 anni; A.A. di 28 anni; G.S. e A.E. di 23 anni.