Ventuno anni di carcere sono stati chiesti oggi nella requisitoria del processo d’appello dal sostituto procuratore generale di Palermo Emanuele Ravaglioli per Valentina Pilato, la mamma quarantenne – assolta in primo grado, perché ritenuta incapace di intendere e di volere – che gettò in un cassonetto, a Palermo, la neonata che aveva appena partorito: il bimbo mori’ prima che arrivassero i soccorsi chiamati da alcune persone allertate da un senzatetto, intento a rovistare tra i rifiuti.
A gennaio la seconda sezione della Corte d’assise d’appello aveva deciso la riapertura dell’istruzione dibattimentale, “rivisitando” il percorso seguito dai medici che avevano parlato di “sdoppiamento psicotico” dell’imputata, ritenendola non capace al momento in cui avvenne il fatto, il 24 novembre 2014.
La donna si sarebbe sbarazzata della bimba che, all’insaputa del marito e degli altri familiari, aveva portato in grembo per nove mesi e che aveva appena partorito da sola, in casa: la lasciò in via Di Giorgi, nel centro del capoluogo siciliano, e poi fu scoperta perché, in preda a un’emorragia, fu costretta a farsi visitare e ricoverare in ospedale. Prossima udienza il 26 giugno.