Angelo Incardona, il protagonista delle due sparatorie avvenute ieri a Palma di Montechiaro, ha sparato 15 colpi. Tre o quattro sono stati esplosi a casa dei propri genitori: Giuseppe Incardona e Maria Ingiamo, rispettivamente di 65 e 60 anni, rimasti feriti di striscio. Tutti gli altri, li ha esplosi invece contro Lillo Saito di 65 anni, socio della “Gelati Gattopardo”, seduto dentro la sua Chevrolet Captiva posteggiata in piazza Provenzani, a poca distanza dal palazzo Ducale di Palma di Montechiaro.
Dopo il raid l’assassino sarebbe stato convinto dalla moglie a costituirsi ai carabinieri e a confessare. La salma di Saito, ieri sera, è stata trasportata nella camera mortuaria dell’ospedale San Giovanni di Dio di Agrigento. Il procuratore capo Luigi Patronaggio e il sostituto Maria Barbara Cifalinò, che seguono l’inchiesta, hanno, già disposto l’autopsia.
Incardona, noto alle forze dell’ordine per tentato omicidio e porto abusivo e detenzione di armi, durante l’interrogatorio ha parlato di una faida legata a dinamiche interne ai “paracchi” di Palma di Montechiaro, un’organizzazione criminale paramafiosa.
Dichiarazioni che verosimilmente sarebbero apparse, a inquirenti e investigatori, assai confuse e contraddittorie. Una storia, quella raccontata da Incardona, ancora da verificare e decifrare. Se dovesse essere confermata la matrice mafiosa dell’agguato l’inchiesta potrebbe essere trasmessa alla Dda di Palermo.
Potrebbe passare alla direzione distrettuale antimafia di Palermo, coordinata da Paolo Guido, l’indagine sull’omicidio di Lillo Saito. La Dda sta verificando le dichiarazioni e eventuali rapporti tra i clan mafiosi e Incardona che prima di uccidere Saito aveva sparato anche i propri genitori, di 65 e 60 anni, ferendoli in modo non grave.