Dieci mesi di reclusione, oltre al risarcimento dei danni, per aver diffamato a mezzo stampa l’imprenditore Rosario Basile, patron della Ksm, e i figli Luciano e Filippo. Ad emettere la sentenza nei confronti del giornalista Francesco Cangemi è stato il tribunale di Cosenza che ha ritenuto “fortemente denigratori” due suoi articoli pubblicati, il 9 marzo 2015, sul mensile Dibattitto news.
“L’imputato – si legge nella sentenza – va dichiarato colpevole del reato a lui ascritto. Non è emerso alcun elemento che provi un contatto della Ksm o dei suoi vertici o del suo personale con esponenti della mafia siciliana né i congiunti Basile risultano essere mai stati coinvolti in indagini per violazione dell’art. 416 bis c.p. o per reati contro la P.A. Del tutto fantasiose e puramente lesive dell’onore dei querelanti sono dunque le ricostruzioni avanzate dall’imputato che non cita fonti o documenti e nasconde sotto nomi generici i presunti autori di queste oscure, confuse e contraddittorie trame corruttive e paramafiose”.
I due articoli in questione sono “Le famiglie mafiose alle dipendenze della potente famiglia Basile che corrompe pezzi dello Stato. Dr. Di Matteo, qual è il patto che blinda la KSM Security?” e “Puglia-Palermo, Appalti e corruzione in Puglia, Il sistema Trani. Collegamenti con la Sicurcenter di Basile”.
Nella sentenza, che condanna Cangemi a dieci mesi di reclusione oltre al pagamento delle spese processuali e al risarcimento dei danni in favore delle costituite parti civili, si sottolinea come “solo la pena detentiva sia adeguata al fatto commesso e possa evitare la recidiva, attesa la gravità delle affermazioni diffamatorie adottate e la proclività a questo tipo di delitto del Cangemi”.
“Dopo essere stati bersaglio di pesanti e tendenziose accuse, senza alcun fondamento di credibilità, che ci hanno reso vittime di un danno d’immagine ingiusto, incidendo anche sull’aspetto reputazionale dell’azienda Ksm – commenta l’avvocato Rosario Basile – questo è il giusto epilogo di un killeraggio mediatico che continua”.