Sono Incursori, e “si scrive con la I maiuscola”, ammonisce l’autore Claudio Spinelli e rappresentano il meglio che l’apparato militare nazionale possa mettere in campo. La “punta della lancia” o “l’ultima risorsa” quando qualsiasi altro strumento politico, diplomatico e militare risulta inefficace per scongiurare una minaccia per la sicurezza, salvare vite umane o raggiungere un obiettivo strategico.
Di loro finora, tranne qualche meritoria pubblicazione, si è parlato pochissimo, balzano agli onori della cronaca solo se un’operazione va male e qualcuno di loro ci rimette la pelle o resta gravemente ferito.
Proprio per questo motivo “uno di loro”, Claudio Spinelli, ha voluto accendere i riflettori sul mondo degli Incursori del IX Reggimento d’Assalto Col Moschin, le forze speciali dell’Esercito italiano. “Forse Speciali” è il titolo del volume pubblicato da Amazon, un sottile gioco di parole scelto dall’autore per sottolineare la straordinarietà dell’impegno e della vita di questi, che in fondo sono giovani come tanti, ma che hanno sviluppato un senso del dovere, una dedizione per l’Italia e uno spirito di sacrificio che uniti ad un duro addestramento li ha resi, appunto, “speciali”.
Il libro di Spinelli, 41 anni pugliese, fino al 2017 in servizio come operatore del Col Moschin, adesso impegnato nell’azienda di famiglia attiva nel settore della sicurezza, non è un racconto né un romanzo d’azione, ma un diario di guerra. Si proprio di guerra perché è esattamente questo lo scenario nel quale sono stati e sono tuttora impiegati i nostri Incursori in Afghanistan o in Iraq.
La storia che l’autore racconta è racchiusa in cento giorni di permanenza nella Fob, cioè la base operativa avanzata, di Farah nel 2007, dove hanno operato per anni i militari della “Task Force 45”, l’unità di forze speciali italiane nata per dare la caccia ai talebani ed ai leader del fondamentalismo nel Paese asiatico. Insieme agli operatori del Goi della Marina, agli Incursori dell’Aeronautica e ai carabinieri del Gis, gli uomini del “Nono” hanno combattuto una guerra dura, intensa, a volte sporca contro la guerriglia islamista e contribuito a raccogliere informazioni utili a evitare possibili attentati terroristici in Italia.
Il diario di Claudio Spinelli, con un linguaggio semplice, asciutto e privo di retorica, ma non di emozioni, è uno spaccato di vita vissuta da chi ha visto “l’inferno” del deserto afghano, si è trovato di fronte alle lamiere contorte di un mezzo saltato su un ordigno improvvisato, ha sentito l’odore della morte, ha pianto commilitoni caduti e non ha esitato, nonostante tutto, a fare il proprio dovere premendo il grilletto quando è stato necessario farlo per “neutralizzare una minaccia” nemica.
E la realtà supera la fantasia. In tanti dovrebbero leggere queste pagine crude, condite da immagini inedite provenienti da quei territori, per comprendere davvero a “che cosa servono” le forze armate e in particolare le forze speciali.
Un vizio tutto Italiano ha per anni tenuto nascosto l’impegno di questi ragazzi che diventano uomini in pochissimo tempo e a dispetto della giovane età. “Tutti maschi alfa” e con un elevatissimo livello di competitività ma pronti a muoversi all’unisono in azione, scrive Spinelli con un pizzico di ironia nella quarta di copertina. I nostri Incursori sono gli eredi naturali degli Arditi della prima Guerra Mondiale e non hanno nulla da invidiare ai celebrati “eroi” dei film americani, compresi i Seal che eliminarono Osama bin Laden. Meritano l’attenzione del Paese, non la banale spettacolarizzazione, i loro compiti e la loro funzione restano comunque delicati e necessitano di riservatezza, ma certamente hanno bisogno di sentire che dietro i loro sacrifici, dietro il loro sangue, le loro ferite, anche emotive, dietro gli anni spesi nei Balcani, in Libano, in Iraq, in Afghanistan, in Libia, nel Corno d’Africa e magari in qualche altro paese mediorientale o africano, c’è una nazione intera che li guarda con affetto e soprattutto con riconoscenza.