Giovanni Savalle, il “tesoriere” di Messina Denaro, ebbe un finanziamento da Banca Etruria

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Giovanni Savalle, imprenditore alberghiero accusato di essere vicino al boss Matteo Messina Denaro a cui la Finanza e il Ros hanno sequestrato un patrimonio da 60 milioni, ebbe un finanziamento di un milione e mezzo di euro da “Banca Etruria” in un periodo in cui le aziende del suo gruppo “Sicily House” erano prossime al fallimento, grazie ai suoi rapporti privilegiati con un membro del Cda, Alberto Rigotti.

E’ uno dei particolari emersi dalle indagini patrimoniali coordinate dalla Dda di Palermo che hanno portato al sequestro. “Rigotti – hanno spiegato gli investigatori della Finanza che hanno effettuato il sequestro – avrebbe indotto il cda e il collegio sindacale a concedere il prestito nonostante lo stato di decozione della società. Savalle portò in Banca due scatole vuote e ottenne lo stesso il mutuo”.

“Quello che emerge dalle indagini, condotte dalla Procura di Arezzo – ha aggiunto Danilo Persano, colonnello del Gico della Guardia di Finanza – è che Rigotti e Savalle avevano un rapporto privilegiato tale da far ottenere un finanziamento che nessuno altro avrebbe ottenuto”.

“Savalle già attorno attorno al 2000 ha chiesto con alcune società un prestito alla Bnl per 16 milioni di euro – ha detto Danilo Persano, tenente colonnello del Nucleo economico-finanziario della guardia di finanza di Palermo – soldi che non sono stati restituiti all’istituto bancario così come quelli chiesti e ottenuti da Banca Etruria”.

Secondo gli investigatori, “Savalle ha commesso numerosi reati di bancarotta fraudolenta, evasione fiscale, truffa ai danni dell’UE, distraendo risorse economiche alle attività che gestiva. All’imprenditore Savalle sono stati sequestrati 22 complessi aziendali, 12 pacchetti di azioni, 28 rapporti bancari, 47 fabbricati, 8 auto e la struttura dell’ex resort Kempinsky di Mazara del Vallo, per un valore complessivo di 62.922.867 euro.

La vicinanza al capomafia di Castelvetrano, Matteo Messina Denaro, avrebbe consentito a Savalle di accumulare una fortuna e assumere rilevanti dimensioni nel tessuto economico della provincia di Trapani.

Per gli inquirenti, nel tempo, avrebbe goduto dell’appoggio di influenti esponenti dell’associazione mafiosa come Filippo Guttadauro, cognato di Messina Denaro, Rosario Cascio, Giovanni Becchina, Girolamo Bellomo e Giuseppe Grigoli. Savalle è stato coinvolto anche in una inchiesta della Procura di Torre Annunziata del 2014 su appalti affidati per il recupero e il restauro dell’area archeologica di Pompei, “pilotati” in direzione sempre delle stesse imprese, tra le quali la “Società Mediterranea S.p.A.” aggiudicataria dei servizi di ristorazione, riconducibile al trapanese.

“Giovanni Savalle risponde all’identikit dell’imprenditore che per anni ha sfruttato le conoscenze con esponenti mafiosi di rilievo”, afferma il colonnello Fabio Bottino, comandante del primo reparto del Ros. “Questi rapporti hanno consentito di qualificarne la pericolosità sociale e l’ipotesi che i beni sequestrati siano frutto di attività delittuose dell’organizzazione criminale”.

Tra i vari elementi che hanno contribuito all’indagine anche le dichiarazioni dei collaboratori di giustizia, in particolare quelle di Marcello Fondacaro, calabrese, collaboratore di giustizia e prima affiliato alla ndrangheta in quota alla potente famiglia dei Piromalli”, ha spiegato Bottino.