E’ stato il coraggio di un imprenditore edile a consentire alla squadra mobile di palermo di far partire l’inchiesta denominata “Cuci e Scuci”. L’imprenditore si era aggiudicato i lavori per la ristrutturazione di una scuola elementare in provincia di Palermo e non ha voluto pagare né fare regali ai funzionari pubblici.
“Le dichiarazioni dell’imprenditore sono state il punto di inizio delle indagini – afferma Rodolfo Ruperti, capo della squadra mobile -. Il titolare dell’impresa non si è piegato alle richieste dei funzionari. Poi sono iniziati i pedinamenti, gli appostamenti e le intercettazioni che hanno fatto emergere un sistema che a nostro avviso andava avanti da tempo. Gli appalti tenuti sotto osservazione sono stati numerosi, quelli che hanno portato agli arresti di oggi sono otto”.
I funzionari avrebbero preteso pranzi, cene, regali e naturalmente denaro, per migliaia di euro. “Un rapporto corruttivo di “do ut des” attraverso il quale i funzionari piegavano l’interesse pubblico dell’opera ai fini del loro arricchimento – aggiunge Ruperti – Le stazioni appaltanti non erano complici di questo meccanismo, che avveniva tra l’imprenditore e il pubblico funzionario preposto al suo controllo”.
L’indagine della squadra mobile ha accertato che le tangenti venivano richieste anche per la ristrutturazione dei beni confiscati alla mafia. Due i casi scoperti nell’operazione “Cuci e Scuci”: un alloggio da destinare ai carabinieri in via Giusti a Palermo e una villa che doveva essere trasformata nella nuova caserma dell’Arma a Capaci, nel palermitano.
“Quindi qui quando poi ci sarà l’inaugurazione verrà il Ministro dell’Interno, verranno Prefetti… cioè, una cosa ovviamente che finisce sopra… in televisione perché, ah dice, nella casa del mafioso ci abbiamo fatto la caserma dei carabinieri. Quindi il lavoro tra l’altro si deve fare in una certa maniera, insomma non è una cosa, una minchiata … “. Così il geometra e geologo Antonio Casella e l’assistente geometra Fabrizio Muzzicato – intercettati il 14 luglio 2017 – “discutono” di una villa confiscata alla mafia e destinata ad ospitare la nuova stazione dei carabinieri di Capaci, con annessi alloggi di servizio.
“Importo del finanziamento, 500 mila euro. La società si aggiudicava l’appalto espletato – scrive il gip – con la solita procedura negoziata, offrendo un ribasso del 39.50%. Il Pubblico Ufficiale, che in generale criticava la scelta di recupero dell’immobile e temeva che i lavori effettuati non avrebbero superato la verifica sismica, contava comunque – sostiene il giudice – di far recuperare introiti all’impresa, affidando ad essa gli appalti relativi ai lavori di completamento”. Oltre alla villa c’è anche un appartamento in via Giusti, a Palermo, confiscato ad un mafioso e destinato ad alloggio di servizio per un sottufficiale dei carabinieri, in cui sono necessari lavori di ristrutturazione (adeguamento impianti elettrici e idrici). La struttura è affidata dall’agenzia nazionale dei beni sequestrati e confiscati alla criminalità organizzata ai carabinieri.
Sono rimasti coinvolti dipendenti del Provveditorato delle opere pubbliche di Palermo: gli ingegneri Carlo Amato, Claudio Monte, Franco Barberi, il geometra e geologo Antonio Casella, tutti sottoposti alla agli arresti domiciliari; l’architetto Antonino Turriciano e l’assistente geometra Fabrizio Muzzicato sono stati sospesi dall’esercizio di pubblico ufficio per 12 mesi. Inoltre, il provvedimento cautelare prevede la misura del divieto di contrattare con la P.A. per 12 mesi (recentemente introdotta dalla cd legge “spazzacorrotti” Legge n. 3
del 2019) a carico di 8 imprenditori, titolari di altrettante imprese operanti nel settore edilizio e con sede nella provincia di Palermo, Enna, Messina, Agrigento.
Ecco cosa dicono nelle intercettazioni
“S’impiattaru i paparduna? (modo di dire dialettale ndr). “Quella, la richiesta che m’avete fatto?”. “Eh! …eranu cinquemilaaa”. “Cinque, cinquemila euro vero? Ma mi dovete spiegare come dobbiamo fare io.. dottò…dico, di solito come fate ? a Sal. Come fate?”.
Sono alcune delle frasi intercettate tra un imprenditore e uno dei funzionari pubblici arrestati all’alba dalla Polizia a Palermo nell’ambito di un’inchiesta su mazzette su appalti pubblici truccati. “No … qua ci saranno sicuramente problemi nel senso dico, la prima parte lei lo sa non è che.. lada a pigghiari da sacchetta (li dovete prendere dalla tasca, ndr) dico, quannu poi li prende ….non è un problema dico va …non”. E l’imprenditore: “Vabbè, io per questo, siccome va, mi dovete capire anche…”. E il funzionario corrotto gli dice: “…Non puntiamo pistola o coltelli dico va… se la cosa si può fare e nei modi in cui è giusto non …se deve essere una spesa no !…(ndr ride) un aggravio deve essere una cosa…..noi problemi non ne abbiamo… della contabilità di ora, anzi noi dobbiamo cercare di fare subito secondo me un …lei ha chiesto un’anticipazione o no?”.
L’imprenditore onesto che non accetta di pagare
C’è un imprenditore onesto che non accetta di pagare le “bustarelle” e per questo viene definito dai funzionari pubblici corrotti uno con la “fissa” del “paladino della giustizia”. Uno va oltre e, senza sapere di essere intercettato, dice al suo collega: “Magari gli sparassero…”. Le parole, gravissime, sono state registrate dagli inquirenti nell’ambito dell’operazione “Cuci e scuci” che ha portato in carcere 14 persone, tra cui 4 funzionari del Provveditorato opere pubbliche. Dopo la visita della Polizia negli uffici, i tre indagati, il geometra e geologo Antonio Casella, e gli ingegneri Claudio Monte e Franco Barberi, “hanno discusso di come evitare di lasciare, in forma cartacea e informatica, tracce della loro azione illecita, dapprima preoccupandosi delle versioni della perizia di variante, sostituita con altra depurata dalla voci fittizie una volta scoperto il ruolo ambiguo” di un imprenditore, come dice il gip Marco Gaeta. “Poi, convenendo sulla necessità di “buttare tutte cose”, ossia tutte le minute, gli appunti e la contabilità non ufficiali, così da sottrarre elementi di prova in caso di (temuta) perquisizione; infine, tentando di escogitare uno stratagemma informatico in grado di cancellare dalla memoria del computer i documenti salvati”, dice il gip.
Il funzionario contro l’imprenditore
“Ci ha preso come dilettanti… questo è! “Chistu un sapia comu farmi cantare (questo non sapeva come farmi parlare, ndr)”. A insospettirli era stata l’insistenza dell’imprenditore a sottolineare cifre e soggetti interessati all’accordo illecito. Così presto si era fatta strada l’ipotesi che l’imprenditore, apparso all’inizio ‘compiacente’, potesse essere invece una ‘spia’ pronta a registrare ogni conversazione. “Questo è cretino!” si sfoga Claudio Monte, uno dei quattro funzionari del Provveditorato interregionale opere pubbliche arrestati oggi dalla Squadra mobile di Palermo. “Questo è scemo proprio, minchia, infame, proprio infame, proprio sai gli infamoni, quelli proprio confidenti della questura, proprio infamone vero”, aggiunge non sapendo di essere intercettato. “Ma veramente, una cosa, cioè non mi è mai capitato una cosa del genere”, gli fa eco Antonio Casella, anche lui finito oggi in manette. Scoperta l’indagine a proprio carico e ricevuta la richiesta di proroga delle indagini entrambi ragionano sulla possibilità di fornire agli investigatori una loro versione dei fatti. Concordata, naturalmente. “… perché noi possiamo pure… girare la frittata e dire ce l’ha proposto lui la prima volta”.
E quando la “ribellione” dell’imprenditore è ormai evidente con tanto di lettera di diffida e messa in mora in cui quantificava il danno subito dalla propria impresa per l’illegittima sospensione dei lavori, i funzionari riflettono sull’opportunità di vendicarsi.”Appena ripigliate i lavori dobbiamo essere no cattivi, di più…” dice uno degli arrestati. Una linea concordata anche dagli altri. “io arrivo là anche due tre volte al giorno ci vado, mi sto la… ci controllo anche i peli del cu..”. “Operai, se sono in regola, se non sono in regola…”, e l’altro “anche i caschi, elmetti, appena arriva qualche… qualche materiale che non va… proprio… cioè Caino, proprio”. (Ansa/AdnKronos)