Le carte dei progetti che gli interessavano le infilava in un paniere, uno di quei contenitori con cui si passa la spesa, che calava dal balcone. Così e dando disposizioni dalla finestra o attraverso il figlio, continuava a controllare la gestione degli affari, nonostante gli arresti domiciliari, Vito Nicastri.
L’imprenditore alcamese accusato di avere pagato la latitanza del boss Messina Denaro, è tornato in cella ieri nell’ambito di una nuova indagine che lo vede indagato per corruzione.
Il contenuto del paniere finiva a Paolo Arata, socio occulto di Nicastri, o a suo figlio: entrambi sono indagati per corruzione e intestazione fittizia aggravata dall’avere agevolato la mafia. I pm di Palermo che coordinano l’inchiesta sono risaliti a tutte la partecipazione societarie di Arata nel business dell’imprenditore in odore di mafia.
Contemporaneamente, intercettando il faccendiere, hanno scoperto che questi avrebbe consegnato una tangente di 30mila euro al sottosegretario alle Infrastrutture leghista Armando Siri per caldeggiare un emendamento al Def che avrebbe favorito Nicastri. Emendamento poi non ammesso.
Nel troncone siciliano dell’inchiesta sono coinvolti anche alcuni dirigenti regionali e uno comunale che sarebbero stati corrotti per agevolare le autorizzazioni al duo Nicastri-Arata per i progetti relativi al bio-metano e all’eolico. Nei prossimi giorni la Dia, che ha condotto l’indagine, sentirà come testimoni gli assessori regionali al territorio e all’Energia Cordaro e Pierobon e il presidente dell’Ars Miccichè che sarebbero stati contattati da Arata per avere entrature nell’amministrazione regionale.
Ricostruita la rete Nicastri-Arata, che diceva: “Ho 2 soci e nessuno mi paga”
La Procura di Palermo sta ricostruendo il complesso reticolo societario che univa l’imprenditore dell’eolico Vito Nicastri e il socio Paolo Arata, ex docente universitario vicino al Carroccio, entrambi indagati nell’ambito di una inchiesta su un giro di mazzette a dirigenti regionali per avere le autorizzazioni per progetti su energie alternative.
Arata, che era a conoscenza dell’indagine a carico di Nicastri per concorso esterno in associazione mafiosa, e che continuava a incontrarlo e parlarci nonostante questi fosse ai domiciliari, era socio dell’imprenditore nella società Solcara srl ed Etnea srl, titolari di 16 impianti per la produzione di energia da fonte eolica nella provincia di Trapani e Solgesta srl, societa’ partecipata interamente dalla Solcara, che sta sviluppando in provincia di Trapani e Siracusa due progetti per la realizzazione di impianti di energia elettrica e bio gas utilizzando rifiuti organici.
“Io dal prossimo mese devo pagare quelle vostre di Solcara? devo pagare le mie e ogni mese sono 10, 15.000 euro se mi va bene – diceva, non sapendo di essere intercettato, Arata al figlio di Nicastri alludendo a oneri della società comune – ma molto preoccupato, perché anche questo mese io alla fin fine tiro 15.000 euro? cioè no anzi, ne tiro fuori 25.000, hai capito? 25.000!? voi non guadagnate niente? eh ragazzi qui non è una situazione simpatica eh? qui il cerino in mano ce l’ho io non ce l’ha nessun’altro perché? sì che voi avete le vostre tre turbine, però le ho pagate io e sto pagando io gli oneri. Cioè io mi trovo in una situazione che ho due soci? uno è Tamburrino e uno siete voi? in cui nessuno dei due mi paga”. (ANSA)