Oltre quindicimila persone sono assistite dal Servizio nazionale della protezione civile in seguito al Terremoto che ieri mattina ha colpito il territorio dell’Italia centrale già interessato dalle scosse del 24 agosto e del 26 ottobre. In particolare, oltre cinquecento sono accolte in strutture alberghiere nell’area del Trasimeno e oltre quattromila negli alberghi sulla costa adriatica. A queste si aggiungono circa tremila persone nella Regione Umbria e altre settemila nella regione Marche ospitate in strutture di prima accoglienza allestite a livello comunale.
I dati, riferiti alla tarda serata di ieri, sono da considerarsi in continua evoluzione e aggiornamento. Rimangono, inoltre, tra gli assistiti a seguito del sisma del 24 agosto, oltre 1100 cittadini ospitati in alberghi e strutture ricettive – prevalentemente a San Benedetto del Tronto -, presso le abitazioni del progetto C.A.S.E. nel comune dell’Aquila o nei MAP localizzati in altri comuni d’Abruzzo nonché nelle residenze sanitarie assistenziali nelle quattro regioni colpite dal terremoto.
Intanto a Norcia proseguono senza sosta gli interventi dei soccorritori in favore dei cittadini colpiti dal sisma. E tra chi non si rassegna all’accaduto c’è padre Bruno Marin, superiore e rettore della Congregazione benedettina. “E’ svanita la nostra culla. Non riesco ancora a rendermene conto. Soffro per tutto quello che abbiamo perso in un istante – dice il religioso alla Stampa – . Nostro Padre Benedetto ha iniziato da lì. La presenza dove San Benedetto e i suoi familiari hanno vissuto è un riferimento per ricordare da dove è cominciato il cammino e qual è lo spirito che deve sempre guidarci. Crollano le mura, non ciò in cui crediamo. Non ce ne andremo e ricostruiremo pietra su pietra, con l’aiuto di Dio. Vicini alla gente che segue la nostra spiritualità. Ad andare in macerie – prosegue padre Marin – è il simbolo delle origini benedettine. Da tutto il mondo i nostri seminaristi andavano a visitare quel luogo sacro, sulle orme di San Benedetto. Lì si respirava la Regola, tra le mura crollate il percorso ha tratto linfa. Lì san Benedetto ha maturato la propria vocazione e ha guidato la nostra. Da questa ferita deve ripartire una crescita, una reazione forte alla sofferenza. Andremo avanti”.