Miccoli e l’amicizia con “Scintilla”: gip dispone imputazione coatta

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fabrizio miccoli

Fabrizio Miccoli e quell’amicizia pericolosa con Mauro Lauricella detto con “Scintilla”, figlio di Antonino Lauricella inteso “Scintilluni” negli ambienti mafiosi, ora il gip Fernando Sestito non ha accolto la richiesta di archiviazione del pm Maurizio Bonaccorso nei confronti del calciatore ex capitano del Palermo, accusato di concorso in estorsione aggravata dall’agevolazione di Cosa nostra, e ha disposto l’imputazione coatta.

A fine aprile lo stesso gip aveva respinto la richiesta di archiviazione avanzata dalla procura nell’ambito dell’inchiesta sulla presunta estorsione subita dal gestore della discoteca “Paparazzi” di Isola delle Femmine. Una vicenda su cui si è celebrato il processo di primo grado con imputati Mauro Lauricella, condannato a un anno per violenza privata aggravata, e Gioacchino Alioto, assolto.

Secondo gli inquirenti Miccoli si sarebbe attivato per recuperare il credito di ventimila euro che vantava un amico, coinvolgendo Mauro Lauricella, figlio del mafioso Antonino. Fabrizio Miccoli è stato sentito come testimone nel processo Lauricella ma ha negato di aver esercitato pressioni. Però, ci sarebbe un sms fra Lauricella e Miccoli in cui l’attaccante propone al figlio del boss di tenersi una parte della somma recuperata. In questo quadro, secondo il giudice Stestito, non si può escludere il reato di estorsione ed è necessario l’approfondimento dibattimentale.

Nella gestione del locale erano stati coinvolti come soci di fatto anche altri giocatori, tra cui il difensore centrale della Juventus e della Nazionale Andrea Barzagli, ex del Palermo. In una intercettazione di una conversazione registrata dalla Dia con Mauro Lauricella, figlio di Antonino, piccolo boss del quartiere palermitano della Kalsa, Miccoli nella primavera 2013 definiva il giudice Falcone “un fango”, come una feccia, “quel fango di Falcone”, diceva divertito Fabrizio Miccoli all’amico Mauro. Questo non era oggetto dell’imputazione, ma ha fatto parte degli atti processuali, da cui è emerso che il giocatore, durante la sua esperienza palermitana, era troppo vicino ad ambienti poco limpidi.

Da bandiera del Palermo a imbarazzante ombra di cui sbarazzarsi. La parabola di Fabrizio Miccoli, il numero dieci che ha fatto scalare la passione rosanera sulle alte quote della classifica, si è infranta contro il muro delle sue amicizie pericolose. Chiese a suo tempo scusa, in lacrime, ma dovette lasciare il Palermo. Persino il Comune di Corleone – la scorsa estate sciolto per mafia – gli ritirò la cittadinanza onoraria.

“Io a Mauro ci credevo, come persona e come mio amico, al di là di quello che poteva essere il padre”: ingenuo o bravo attore, Fabrizio Miccoli rispondeva così nell’aprile 2015 ai magistrati che lo interrogavano come indagato di estorsione aggravata sui propri rapporti con Mauro Lauricella. “Io questo ho pensato, cioè che uno ha il papà così, ma il figlio è totalmente diverso! Con me, era la cosa della foto, la cosa del video… andiamo là… andiamo là… ti accompagno io… facciamo… era questo con me Mauro!”, aveva sostenuto fabrizio Miccoli.

Nell’interrogatorio che aveva reso ai pm Francesca Mazzocco e Maurizio Bonaccorso, nell’ambito dell’indagine che allora aveva portato agli arresti di Lauricella jr e di Gioacchino Alioto, Fabrizio Miccoli aveva cercato di ridimensionare i propri rapporti con i piccoli malavitosi della famiglia Lauricella.

“Alcune volte mi sono lasciato andare per telefono – aveva spiegato il calciatore ai magistrati – come è successo con Falcone… non lo sto negando che io non l’abbia fatto!”. L’accusa però mostrava di non credergli e gli rimproverava che Lauricella risolveva i problemi perché figlio di un mafioso (“E a Palermo i mafiosi risolvono i problemi!”). A quel punto il calciatore aveva osservato che “se io volevo fare le cose con Mauro Lauricella, o risolvere questo problema, io non chiamavo altri in aiuto”.

Il fantasista era apparso in difficoltà quando i magistrati gli ricordavano che lui ha “messo in moto una macchina infernale, che si chiama Mauro Lauricella”: “A me dispiace, questo! Se l’ho messo in moto, mi dispiace! Una cosa che a me preme dire è che io non stavo con Mauro perché era il figlio del boss. E l’ho notato più avanti… più avanti mi renderò conto, io ci ho solamente perso con queste persone qua!”.

L’ombra lunga dei mafiosi sul Palermo calcio era stata notata anche dal difensore centrale, da tempo in forza alla Juventus Andrea Barzagli. In particolare, a frequentare il campo degli allenamenti della squadra rosanero, a Boccadifalco, era il mafioso Nicolò Milano: “L’accesso agli estranei per gli allenamenti non è consentito – spiegava il giocatore ai magistrati – e peraltro Milano aveva rapporti diretti con il direttore sportivo Rino Foschi e con il suo assistente Schio. Sempre su vostra richiesta, aggiungo che l’anomala presenza del Milano mi aveva incuriosito ed avevo appreso nell’ambiente che era una persona che contava, indicazione di per sé sufficiente a giustificare la sua presenza. Rappresento ancora che il Milano era accompagnato di volta in volta da persone diverse”. A dicembre 2011 Milano fu arrestato. (ANSA/AGI)