Una manifestazione dalla valenza fortemente simbolica per ricordare il cinquantesimo anniversario del terremoto si è svolta a Gibellina, subito dopo la cerimonia ufficiale alla presenza del Capo dello Stato Sergio Mattarella nell’auditorium di Partanna. Un corteo aperto dai sindaci di tutti i comuni della Valle ha attraversato la Porta del Belice, la grande stella realizzata da Pietro Consagra all’ingresso del paese.
Alla cerimonia erano presenti, tra gli altri, il ministro per la coesione territoriale e il Mezzogiorno Claudio De Vincenti e il presidente della Regione Nello Musumeci. Nell’occasione è stata scoperta una stele di marmo con i nomi dei paesi del Belìce e una cartina topografica.
Le autorità istituzionali e i sindaci della Valle si sono quindi spostati tra Salaparuta e Poggioreale dove hanno deposto una corona commemorativa davanti al Monumento dedicato alle vittime del sisma del ’68 che è stato benedetto dal pontefice Giovanni Paolo II nel 1982, durante la sua visita pastorale nella Valle del Belice.
Una messa a Montevago, nel vecchio centro del paese colpito 50 anni fa dal sisma del Belìce in memoria delle vittime conclude le manifestazioni per ricordare il terremoto del 1968. Un rito officiato nel pomeriggio dall’arcivescovo di Agrigento, cardinale Francesco Montenegro, e dai vescovi di Monreale, Trapani, Mazara del Vallo e Piana degli Albanesi, rispettivamente Michele Pennisi, Pietro Maria Fragnelli, Domenico Mogavero e Giorgio Demetrio Gallaro. Dopo una fiaccolata tra le strade del paese.
“In questi giorni – dice nel suo messaggio Montenegro – il pensiero e il cuore non possono non tornare a quanto accadde 50 anni fa: il terribile terremoto che purtroppo ha lasciato gravi ferite in tanti paesi della Sicilia. Come un mostro ha tentato di coprire con le macerie ricordi, storia e storie. Come se avesse voluto scrivere la parola fine di e in tante comunità”. Eppure, si dice sicuro il cardinale, “il terribile mostro non ha vinto. La volontà e la tenacia di molti assieme all’amore per il proprio territorio hanno avuto il sopravvento! Quella storia iniziata 50 anni fa vede anche noi protagonisti, anche solo per il fatto che sono presenti molte persone di allora. Quella storia tocca a noi continuarla”. Le vittime di allora “ci chiedono di amare ancora di più questa terra, non di sopportarla. Sentiamoci in debito nei loro riguardi”.
Le città, sostiene Montenegro, “non muoiono sino a quando chi le abita è capace di gettare intorno a sé semi di futuro. Tocca a noi continuare a vivere, operare e costruire qui la vita e il tempo. Amiamo e rispettiamo sempre questa terra, la sua gente, la sua storia, la sua tradizione. Guardiamo tutto e tutti con occhi d’amore, nonostante le tante ferite, passate e recenti. Rifiutiamo di restare narratori di una storia triste che appartenne ad altri, ma sentiamoci protagonisti orgogliosi di una storia nuova e possibile che ci è stata consegnata. Edifichiamo ma insieme, viviamo ma insieme, nelle nostre città, perché siano a misura d’uomo”.
Insieme, conclude l’arcivescovo di Agrigento, si tratta di costruire comunità “che sanno e vogliono parlare di speranza, di futuro, di fraternità. E’ il modo per sconfiggere definitivamente un mostro del passato. E’ il modo per avere la certezza che il futuro nuovo è già iniziato!”. (ANSA/AGI)