In Sicilia ci sono 23 istituti penitenziari, dislocati in tutte le nove province, e 6.184 detenuti, circa il 10% della popolazione (57 mila unità) complessivamente detenuta nelle carceri italiane. La Sicilia si colloca così al terzo posto per popolazione penitenziaria dopo la Lombardia e la Campania.
I detenuti stranieri nell’isola sono 1.216 (19,66%), meno che in altre regioni, come la Lombardia e l’Emilia Romagna dove la media è maggiore. Sono alcuni dei dati forniti dal garante per la tutela dei diritti dei detenuti per la Regione Sicilia Giovanni Fiandaca e contenuti nella relazione annuale presentata al parlamento siciliano nel mese di agosto.
“I dati – spiega Fiandaca – fanno riferimento al periodo compreso fra il 1 giugno 2016 e il 31 maggio 2017, ovvero al primo anno di attività svolta dopo la mia nomina a garante e dopo che l’ufficio, per vari motivi, non aveva funzionato per quasi tre anni”.
Dei 23 istituti penitenziari siciliani su cui il garante ha competenza, 18 sono case di reclusione, ovvero concepite per ospitare detenuti non condannati in via definitiva, e cinque sono case di reclusione e, sottolinea Fiandaca: “sono quegli istituti in cui, in linea teorica, dovrebbe esercitarsi l’attività rieducativa”.
Il più grande è il carcere Pagliarelli di Palermo che ospita 1.300 detenuti. “In linea generale – aggiunge Fiandaca – possiamo dire che le carceri quanto più sono piccole tanto meno sono dotate di strutture. Le carceri piccole però possono avere il vantaggio di realizzare condizioni di vita di tipo comunitario e il personale penitenziario ha la possibilità di conoscere meglio i singoli detenuti e instaurare rapporti di tipo personale”.
“Un po’ meno della metà dei di 1.300 detenuti del carcere Pagliarelli di Palermo ha anomalie dal punto di vista psichiatrico”. Lo ha detto il garante per la tutela dei diritti dei detenuti per la Regione Sicilia Giovanni Fiandaca illustrando i dati della sua relazione annuale. Fiandaca ha sottolineato come nelle carceri siciliane sia “cresciuto il fabbisogno di assistenza psichiatrica e sono aumentati i detenuti con disturbi, o come conseguenza della condizione carceraria, o le cui condizioni si sono aggravate dopo la detenzione”.
Alle Asp, l’invito “a prestare particolare attenzione nel mettere a disposizione un numero idoneo di medici psichiatrici”. Insufficiente, per Fiandaca, anche “il numero degli educatori a disposizione delle carceri. Non si fanno concorsi da tempo – ha sottolineato – ma si tratta di figure fondamentali per il trattamento psicologico dei detenuti. Si devono mettere in campo risorse umane e materiali per far sì che l’obiettivo della rieducazione e della riabilitazione da retorica si trasformi in tentativo concreto”. (Adnkronos)