La Corte di Cassazione ha annullato con rinvio la sentenza con cui Natale Romano Monachelli era stato condannato a 24 anni di carcere per il duplice omicidio del fratello Filippo e della moglie Elena Lucchese.
Accolto il ricorso presentato dall’avvocato Angelo Barone e per questo motivo, sull’efferato crimine del novembre 1994, avvenuto a Palermo, si dovrà celebrare il sesto processo.
La vicenda era infatti già approdata una volta in Cassazione e in quell’occasione era stata annullata la assoluzione dell’imputato. Tornato a Palermo, il processo si era chiuso con la nuova condanna di Romano Monachelli.
L’uomo, oggi cittadino svedese, avrebbe assassinato fratello e cognata perché lui avrebbe maltrattato la madre, alla quale Natale era molto legato. Filippo Romano Monachelli, detto Sandro, avrebbe fatto uso di stupefacenti ed era soggetto a frequenti sbalzi di umore.
La coppia uccisa aveva un figlio di pochi mesi, che, rimasto orfano, nel 1995 venne portato in Svezia da Natale Romano Monachelli, che sposò una donna svedese ed ebbe un altro figlio.
I due ragazzi, chiamati entrambi Cesare come il nonno, a sua volta assassinato negli anni ’70 a Palermo, sono cresciuti insieme e Natale ha considerato entrambi come propri figli. Ad accusare l’imputato era stata proprio la ex moglie svedese, che però poi aveva ritrattato le accuse. Le dichiarazioni della donna coincidevano quasi alla perfezione con quelle riferite in tempi non sospetti – e soprattutto senza che due si fossero mai parlati – dal pentito Angelo Fontana.
Nel nuovo processo di appello erano stati sentiti tre collaboratori, di cui due nuovi, come Vito Galatolo e Giuseppe Tantillo, ma la difesa ha trovato un motivo tecnico per eccepire la inutilizzabilità delle dichiarazioni di Galatolo, ex boss del quartiere palermitano dell’Acquasanta.