A seguito “di preliminare attività investigativa promossa dal Comando Provinciale di Enna” diretta a “verificare la legittimità di richieste di contribuzioni agricole comunitarie da parte di titolari di aziende agricole individuate nei comuni di Troina, Cerami e Cesarò (Messina)”, aree tutte ricadenti nel territorio del Parco dei Nebrodi, sono stati denunciati dalla Guardia di Finanza di Nicosia due imprenditori agricoli M.P.G. e M.P.S. titolari di aziende rispettivamente con sede in Tortorici (Messina) e Sant’Agata di Militello (Messina) operanti nel settore degli allevamenti di capi di bestiame.
“Quest’ultimi, pur essendo destinatari di apposita informazione interdittiva antimafia emessa dalla Prefettura di Messina, poiché in possesso di gravi e molteplici precedenti penali riferibili alla cosiddetta criminalità rurale (furti di bestiame, danneggiamenti ed altro) – spiegano gli inquirenti – attestavano falsamente nei relativi fascicoli aziendali la disponibilità di terreni demaniali di proprietà dell’Azienda Speciale Silvio Pastorale di Troina, precedentemente concessi sulla scorta di contratti d’affitto stipulati con l’Ente, al fine di ottenere finanziamenti comunitari nel comparto agricolo”.
Il presidente del Parco dei Nebrodi Giuseppe Antoci plaude all’operazione della Guardia di Finanza di Enna che ha portato alla denuncia di due imprenditori agricoli che hanno presentato richieste di contribuzioni agricole comunitarie. Un’operazione che, sottolinea Antoci, “ha di fatto applicato in pieno il Protocollo di legalità, dimostrandone la valenza e il fattivo supporto all’attuale normativa antimafia”. “Grazie al tempestivo intervento della Guardia di Finanza – aggiunge – sono stati allertati gli enti pagatori per bloccare le procedure finalizzate all’erogazione dei contributi europei indebitamente richiesti. Questo è il segnale che il protocollo di legalità, che ha abolito la soglia dei 150mila euro e rafforzato le procedure di controllo sulla percezione dei fondi europei destinati all’agricoltura, sta dando i suoi frutti evitando che tali fondi finiscano, come spesso è accaduto, nelle tasche delle famiglie mafiose”.