L’indagine che ha portato all’operazione “Double face” e all’arresto questa mattina a Milano dell’ex presidente di Sicindustria Antonello Montante, parte da lontano. A spiegarlo sono i magistrati della procura di Caltanissetta.
L’inchiesta è iniziata dopo le dichiarazioni rese nel corso del 2014 dal collaboratore di giustizia Dario Di Francesco, già reggente della cosca di Serradifalco, “il quale ha fornito specifiche indicazioni”, spiegano i magistrati, “sulla vicinanza di Montante”.
Quelle dichiarazioni posero l’imprenditore sotto la lente di ingrandimento degli investigatori. Montante dal 2016 risulta infatti indagato per concorso esterno di associazione mafiosa, “all’ambiente mafioso nisseno”, in particolare a personaggi di spicco di cosa nostra quali, tra gli altri, i boss Paolo Arnone e Vincenzo Arnone (entrambi al vertice della cosca di Serradifalco e testimoni di nozze di Montante). Personaggi di cui proprio Di Francesco è stato a lungo stretto collaboratore, succedendo poi Vincenzo Arnone nella reggenza della famiglia mafiosa.
Conoscenze ritenute solide, che hanno rafforzato le dichiarazioni dei collaboratori Carmelo Barbieri, Pietro Riggio e Aldo Riggi che in precedenza avevano reso a carico dell’indagato.
Il lavoro degli investigatori è stato integrato nel tempo con il contributo fornito dalle testimonianze di due ulteriori collaboratori di giustizia, Salvatore Ferraro e Ciro Vara, che “pur confermando il dato relativo ai diretti rapporti in passato intrattenuti da Montante con uomini di vertice dell’organizzazione cosa nostra, “non sono risultate sufficienti per affermare” in questa inchiesta, spiegano gli investigatori, “la configurabilità del reato di concorso esterno in associazione mafiosa ipotizzato a carico dell’indagato”.
Il fatto che non si potesse configurare il gravissimo reato mafioso, non ha escluso altre responsabilità a carico di Antonello Montante.
Tutti gli elementi, infatti, secondo i magistrati, “appaiono offrire la cornice all’interno della quale incastonare le ulteriori acquisizioni procedimentali, fornendo la corretta chiave di lettura tanto della ‘linea legalitaria’ cui Montante, a parole, ha improntato la sua azione e di cui si è fatto paladino in seno a Confindustria, quanto di quella rete di relazioni che ha dato vita a quello che è stato definito nel corpo delle richiesta cautelare il “sistema Montante”.
Sistema che si avvaleva di “talpe” e organizzato grazie a fidati ufficiali dei carabinieri e della finanza, ma anche poliziotti, per avere tutte le notizie sull’inchiesta per mafia che lo vede coinvolto da più di due anni.
I nomi sono di primo piano, tra gli arrestati c’è il colonnello Giuseppe D’Agata, l’ex capocentro della Dia di Palermo poi passato all’Aisi e che ora è tornata nell’Arma. Ma anche Diego Di Simone, ex sostituto commissario della squadra mobile di Palermo, diventato responsabile della sicurezza di Montante.
E poi, ai domiciliari anche Marco De Angelis, sostituto commissario in servizio prima alla questura di Palermo poi alla prefettura di Milano e ora di ritorno a Palermo. Per concludere con il maggiore Ettore Orfanello, ex comandante del nucleo di polizia tributaria della Guardia di finanza di Caltanissetta e l’imprenditore Massimo Romano titolare della catena di supermercati “Mizzica” – Carrefour Sicilia. Un altro provvedimento, di sospensione dal servizio per un anno, riguarda Giuseppe Graceffa, vice sovrintendente della polizia in servizio a Palermo. (Foto Ansa)