E’ in corso dalle prime luci dell’alba una vasta operazione della Polizia di Stato, coordinata dalla Dda di Palermo e condotta dagli agenti della Squadra Mobile di Palermo, diretta da Rodolfo Ruperti che hanno eseguito quattro ordinanze di custodia cautelare.
L’operazione, portata a termine alle prime ore dell’alba, segue l’attività conclusa, nel dicembre scorso, con l’arresto di 25 persone, responsabili a diverso titolo di associazione per delinquere finalizzata alle estorsioni – perpetrate a seguito del furto di veicoli secondo il cosiddetto sistema del ”cavallo di ritorno” – nonché di rapina, furto e ricettazione di veicoli. In pochi mesi, i poliziotti della Sezione Criminalità Organizzata della Mobile ne avevano individuato la ramificata organizzazione dell’associazione, “ricostruendone la fisionomia e i ruoli dei componenti”.
L’organizzazione congegnata dai promotori prevedeva, infatti, “una rigida suddivisione in ruoli, in modo che ad ogni partecipante spettassero precise competenze nella ”filiera criminale” – spiegano gli inquirenti – Vi erano persone deputate alla commissione dei furti dei veicoli, suddivisi in batterie ed operanti sull’intero territorio cittadino, sodali che fornivano luoghi sicuri dove custodire i mezzi sottratti fintanto che si concludesse la ”trattativa” con le vittime e, infine, intermediari che avevano il compito di contattare queste ultime al fine di prospettare la possibilità di recuperare il maltolto.
E’ stato accertato come “i sodali fossero in grado, nel corso di un mese, di portare a termine all’incirca 100 sottrazioni di veicoli con un guadagno approssimativo di 200.000 euro”. I mezzi sottratti erano prevalentemente veicoli commerciali.
Nel corso di quella indagine emerse chiaramente la pressione estorsiva, esercitata nei confronti degli appartenenti all’associazione per delinquere, da parte di Cosa nostra, che aveva mostrato il proprio interesse nel controllo, non solo delle attività lecite, bensì anche di quelle delinquenziali organizzate all’interno del territorio di propria competenza.
Nell’operazione è finito in carcere anche un presunto boss mafioso. Si tratta di Vincenzo Cancemi, ritenuto dagli inquirenti “emissario della famiglia mafiosa del quartiere palermitano di Pagliarelli”, al quale, come spiegano dalla Squadra mobile, è stato contestato anche il reato di estorsione per aver imposto agli appartenenti all’associazione per delinquere il pagamento del pizzo. Il gip Filippo Serio ha riconosciuto il pieno inserimento di Cancemi in Cosa nostra.
“In ragione degli elementi raccolti nel corso delle attività di indagine, infatti, il Giudice per le Indagini Preliminari ha riconosciuto il pieno inserimento di Vincenzo Cancemi in Cosa Nostra e ha attribuito alla condotta dello stesso la finalità, non episodica bensì ripetuta con costanza nel tempo, di avvantaggiare la famiglia mafiosa Pagliarelli”, dicono gli investigatori.
“La figura di Cancemi si connota per il peculiare lignaggio mafioso. Egli, infatti, è già stato condannato per il reato previsto e punito dall’articolo 416bis c.p. e per turbata libertà dell’industria in concorso; successivamente, è stato denunciato, nell’operazione della Polizia di Stato denominata ”Gotha”, per riciclaggio e intestazione fittizia di beni ricorda la Squadra mobile – A seguito della stessa operazione, il fratello Carmelo ed il nipote Giovanni sono stati condannati con l’imputazione di associazione per delinquere di tipo mafioso, in quanto ritenuti tra i soggetti più vicini al noto boss Antonino Rotolo”.