L’ex calciatore e capitano del Palermo, Fabrizio Miccoli, ha reso dichiarazioni spontanee nel processo in cui è imputato di estorsione aggravata dall’agevolazione di cosa nostra, costatogli in primo grado una condanna a 3 anni e 6 mesi.
Miccoli ha parlato davanti alla quarta sezione della Corte d’appello di Palermo, presieduta da Massimo Corleo, che è anche il relatore del giudizio, iniziato oggi in abbreviato. Proprio riferendosi alla relazione introduttiva del presidente, l’ex bomber rosanero ha detto di non accettare il quadro che su di lui ha tracciato il gup Walter Turturici, nelle motivazioni della condanna.
“Mi tormenta soprattutto la famosa frase su Falcone – ha spiegato Miccoli – mi sono scusato e continuo a farlo, vorrei cancellarla, se solo fosse possibile”. Il riferimento è a un’intercettazione di un dialogo fra l’imputato e Mauro Lauricella, giudicato col rito ordinario e condannato a un anno per violenza privata, sebbene, nell’ottica dei pm, fosse il materiale esecutore dell’estorsione: Miccoli disse in quella occasione che il giudice Giovanni Falcone era “un fango”. “Fu una cosa detta alle quattro di mattina, all’uscita da una discoteca – ha insistito l’ex attaccante – forse avevamo pure bevuto un po’, non sono un delinquente”.
Il giudice di primo grado aveva però valorizzato anche altri elementi, sms e parole contro i carabinieri e gli “sbirri”: “Ho sbagliato ma era un modo con cui ci prendevamo in giro. Ho il senso delle istituzioni, ho giocato partite di beneficenza e una volta gli unici calciatori eravamo io e Francesco Totti”.
Miccoli ha detto di avere dovuto smettere di giocare per il peso della vicenda giudiziaria, “non ho fatto nemmeno la partita di addio per l’imbarazzo. Non ho commesso l’estorsione, volevo fare solo un favore a un amico, un ex fisioterapista del Palermo. Io non sono di qua, non avevo capito ma poi dissi a Mauro di fermarsi”.
Il 5 giugno il pg Ettore Costanzo terrà la requisitoria, il 16 settembre la parola passerà alla difesa, rappresentata dagli avvocati Giovanni Castronovo e Giampiero Orsini. La sentenza in ottobre.