Totò Cuffaro e i suoi “1768 giorni” nel racconto del regista Marco Gallo. “Ho avuto paura di perdere la mia famiglia”, è la dichiarazione che echeggia e colpisce nel profondo, sono le parole di un uomo che si spoglia del proprio ruolo politico e concede a se stesso quella fragilità che in pochi sono riusciti a percepire.
“Ogni giorno, per 1768 giorni, facevo dieci chilometri e mezzo, che sono 60 giri, intorno al campo”; e di quei giorni racconterà il regista agrigentino Marco Gallo nel film che uscirà nei prossimi mesi, “1768 giorni”, un docufilm sulla vita dell’ex presidente della Regione Siciliana, Totò Cuffaro, condannato a sette anni per favoreggiamento aggravato alla mafia.
Il giovane regista ha più volte raccontato storie, vinto numerosi premi ed è promotore di Festival Internazionale di Cinema. Ma il suo nuovo trailer ha come protagonista un uomo che ha affascinato e fatto discutere il popolo siciliano 24 ore dopo la proclamazione di dottore in Giurisprudenza alla Sapienza di Roma con una tesi dal titolo “Contrasto al sovraffollamento carcerario tra Costituzione e Convenzione europea”.
Le riprese sono state effettuate nei mesi e negli anni scorsi seguendo le attività di Totò Cuffaro, anche nel periodo che lo ha visto protagonista in Burundi dopo la scarcerazione per fine pena. La pellicola racconta gran parte della sua vita, prima e dopo il carcere, la sua esperienza in Africa, la scomparsa del padre e i permessi negati dallo Stato, il rapporto con la sua famiglia. Un racconto per immagini dei 1768 giorni trascorsi sognando di tornare in Sicilia. I giorni trascorsi a ricordare la sua Sicilia, gli errori e il cambiamento: un film che parla del perdono, della fama e della caduta di un personaggio, e di un uomo che dinanzi a tutto questo ritrova se stesso, e come dichiara lo stesso regista: “Ho voluto raccontare questa storia perché una persona che decide di pagare per gli errori commessi merita maggior rispetto di chi vuole avere sempre ragione. Non si è mai difeso, ha rispettato e affrontato la sentenza e oggi vive la sua seconda possibilità con la vita. Chi non avrebbe raccontato al posto mio questa storia?”.
1768 sono i giorni che lo dividono dalla Sicilia. Il rapporto con la famiglia, la sua esperienza in Africa, il carcere. Il docufilm parlerà di un uomo chiamato Totò Cuffaro, il confine sottile tra personaggio e persona?
“In alcuni tratti del film ed anche durante le riprese questo confine sottile è sembrato essere enorme, a volte in contrasto l’uno con l’altro. Paradossalmente il vero Totò Cuffaro l’ho visto in Africa perché nessuno lo conosceva ed era libero di esprimersi nel modo che preferiva, per un personaggio pubblico la libertà ha dei limiti. Non so quanto questo confine tra il personaggio e la persona sia visibile nel film, ma dal vivo sicuramente lo è e fa la differenza”.
Chi commette errori può anche scegliere la strada del cambiamento, durante il quale tutto diventa più nitido, persino lo sbaglio commesso. La sua cinepresa è riuscita a catturare questo percorso?
“In parte sì. Totò Cuffaro è, visibilmente, una persona cambiata. Non ha perso la sua ironia ed il suo carisma, ma sicuramente non mostra più, quasi con spavalderia, il suo essere Il Presidente. Una contrapposizione che è cresciuta in modo naturale con il passare dei giorni. Ricordo la sua rabbia il giorno della sua laurea quando parlava dei fine pena mai, perchè non sopportava il fatto che passassero l’intera vita dentro un carcere senza poter essere utili alla società. Questo il vecchio Totò Cuffaro l’avrebbe fatto? Forse. Dico in parte perchè Cuffaro ha sempre sostenuto di aver sbagliato e di aver accettato la sentenza, ma non di averla condivisa. Alcuni errori, e questo sarà presente nel mio film, sono stati commessi ma senza la consapevolezza. E questo è fondamentale anche durante un processo, ma evidentemente sono stati fatti male i conti”.
Lei come ha vissuto Totò Cuffaro lontano geograficamente e temporalmente dal suo passato?
“Per me era il presidente della Regione per due mandati, un politico. Io all’epoca andavo alle medie la prima volta e al liceo la seconda, ne sapevo ben poco di Totò Cuffaro se non che fosse un leader. E l’unica cosa che nessuno mi toglie dalla testa è che se non avesse scontato 5 anni di carcere avrebbe ricoperto un ruolo di primaria importanza nella politica italiana. Ma ovviamente con i se e con i ma non si fa la storia”. (katya maugeri)