Totò Cuffaro spiega ai giornalisti la condizione dei detenuti in Italia

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L’ex presidente della Regione Sicilia, Totò Cuffaro ha partecipato come testimone a un evento formativo per giornalisti sul tema delle carceri, delle pene e del diritto all’oblio per chi ha finito di espiare la pena.

“Non bisogna dimenticare, io non voglio l’oblio su di me”, ha detto tra l’altro l’ex senatore, intervenuto tra il pubblico al corso, organizzato dall’Ordine dei giornalisti di Sicilia e tenuto dall’avvocato Nino Caleca, nel carcere minorile del Malaspina di Palermo, presente il direttore, Michelangelo Capitano. Totò Cuffaro, che da Caleca era stato assistito nei processi sulle “Talpe in Procura”, ha parlato della propria esperienza di ex detenuto, condannato a sette anni per favoreggiamento aggravato dall’agevolazione di cosa nostra e che a dicembre 2015 aveva finito di scontare cinque anni di reclusione.

“In carcere – ha detto l’ex esponente dell’Udc e poi del Pid – i detenuti ascoltano tutti Radio Radicale, perché è l’unica che parla di loro. In televisione guardano tutti la fiction Rai ‘Un posto al sole’, perché è continuamente aggiornata, dato che viene girata quasi giorno per giorno e consente loro di sentirsi vivi. Mentre la società ha voglia di dimenticare che ci sono persone che hanno sbagliato, ma che sono persone. Ci sono cose che non si sanno o non si vogliono sapere”.

Per Cuffaro “c’è tanta ipocrisia perché secondo una recente circolare del Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria le celle non si chiameranno più così ma ‘camere di pernottamento’ e nel nostro ordinamento già l’ergastolo ufficialmente non esiste; è previsto infatti il fine pena nel 9999. Non parliamo poi della funzione rieducativa della pena, che è solo sulla carta. Non ignorate poi i suicidi, sono un sintomo importante del malessere che si vive in carcere. Quando ero in politica nemmeno io mi occupavo di questi fenomeni, sia da presidente che da senatore. Non voglio che si dimentichi la mia esperienza. Un pluriergastolano, poco prima che uscissi da Rebibbia, mi disse che sarò veramente libero quando troverò la forza di ringraziare il mio Dio per i miei anni di carcere. E’ una cosa che mi ha scioccato, perché

terribilmente vera”.