Potrebbe essere Simona Vicari l’ultima tentazione centrista per Palazzo delle Aquile. L’ipotesi, per adesso, è soltanto una flebile voce, quasi impercettibile che corre sotto traccia negli ambienti della politica palermitana, ma c’è chi giura che lei un pensierino c’è lo sta davvero facendo.
D’altronde l’area che una volta fu rappresentata dal Popolo delle Libertà a Palermo è ormai divisa e frammentata. Forza Italia è ridimensionata nei numeri e gioca di rimessa. Indecisa sulla strategia da seguire, al suo interno dibattono almeno tre linee di pensiero: gli “orlandiani”, ovvero coloro i quali ritengono possibile un accordo con il sindaco uscente per garantirsi spazi di sopravvivenza politica dentro Palazzo delle Aquile, i “ferrandelliani” che invece vedono nel giovane ex deputato Pd un candidato competitivo e capace di veicolare una pattuglia di eletti in Comune e i “centrodestristi” che sperano nella possibilità di raggiungere una intesa con altre forze politicamente omogenee per tirare fuori un candidato sindaco identitario. Il tutto è mediato da Gianfranco Miccichè che incontra, tesse, ammicca, ipotizza e rimanda a dopo il referendum.
Un’altra parte del Pdl di origine forzista si è accomodato sulle poltrone dei governi guidati da Matteo Renzi e Rosario Crocetta sotto la regia di Angelino Alfano, mentre l’area ex An si è sfaldata in tronconi con presenze significative sia dentro Forza Italia che nel partito della Meloni.
In questo quadro lo scenario che vede in campo l’ex sindaco di Cefalù e attuale sottosegretario del governo Renzi è tutt’altro che fantasioso. Simona Vicari potrebbe rappresentare il tentativo di allargare un’area centrista, quella di Ncd-Area popolare a Forza Italia e creare uno spazio politico in città che possa dare respiro agli alfaniani ingolfati, nella loro non ampissima percentuale elettorale, da un numero di consiglieri e deputati ex berlusconiani a rischio rielezione.
La candidatura della Vicari, inoltre, sarebbe una via d’uscita provvidenziale anche per il Partito democratico. I piddini di Palermo sono anche loro nelle pesti. Divisi, come sono, sul sostegno a Orlando, insidiati dalla candidatura dell’ex Fabrizio Ferrandelli e con le annunciate primarie che promettono un bagno di sangue tra le correnti di partito. Se dopo il referendum si aprisse a Roma una stagione di larghe intese sotto la regia di Sergio Mattarella e con un rinnovato “Patto del Nazareno” per approvare legge elettorale e portare più in là possibile la legislatura, anche a Palermo e più in generale in Sicilia cambierebbe la geometria delle alleanze. E in questo caso quale sarebbe il miglior candidato di sintesi per Palazzo delle Aquile se non il sottosegretario allo Sviluppo economico? Le origine forziste, la scelta alfaniana e il ruolo nel governo renziano sono un pedigree unico da spendere nella corsa verso la poltrona di sindaco.
Questa scelta andrebbe in parallelo con il lancio di un candidato dalle caratteristiche simili per Palazzo d’Orleans e conseguente giubilazione di Nello Musumeci o Salvo Pogliese, entrambi troppo caratterizzati e non spendibili in una ipotesi di grosse koalition in salsa tricolore. Si tratterebbe di una strategia che anticiperebbe scenari nazionali diversi, rispetto a quelli conosciuti, con un ritorno al proporzionalismo che favorirebbe accordi inediti tra Pd e FI. Ovviamente a Palermo “Noi con Salvini” e Fratelli d’Italia rimarrebbero fuori da un’alleanza che includerebbe il Partito democratico. Così come sarebbero di fatto messi alla porta gli uomini di “Diventerà Bellissima”.
Dal canto loro i dirigenti dell’Ncd tacciono, osservano e attendono. Qualcuno paventa che la candidatura di Simona Vicari potrebbe essere una trappola dei renziani per ridimensionare sul territorio un alleato pretenzioso. In caso di sconfitta, infatti, il Pd potrebbe scaricare sui centristi la responsabilità dell’insuccesso. Altri hanno già acceso i motori. Lei, giura qualcuno, ci crede ed è pronta a raccogliere la sfida.