La ricerca sul lavoro di mediazione con l’asino nell’autismo è condotta dall’Istituto di Ortofonologia (IdO) insieme al dipartimento di Scienze psicologiche, pedagogiche e della formazione dell’Università degli Studi di Palermo (Unipa) su 30 bambini autistici dai 3 agli 8 anni, già seguiti all’interno del Progetto terapeutico Tartaruga dell’IdO.
“Proponiamo un lavoro sensoriale per aiutare i bambini che presentano un disturbo dello spettro autistico ad integrare tutte le aree e ad avere una diversa regolazione emotiva. Lavoriamo in particolare sul tatto, sul contatto con la pelle dell’animale, sul cibo dar dargli da mangiare, ma anche sui colori e gli odori”, racconta alla Dire Simona d’Errico, logopedista psicomotricista dell’IdO e coordinatrice del servizio.
“Siamo partiti da un approccio morbido per aiutare il bambino ad adattarsi all’asino e solo successivamente, nel corso della terapia, abbiamo inserito i test previsti dalla ricerca. L’obiettivo e’ monitorare i cambiamenti che intervengono nella quotidianità del minore grazie al lavoro svolto con l’asino- spiega D’Errico- e lo facciamo dando al genitore un test da riempire, in cui deve osservare i cambiamenti emersi nella settimana che segue la terapia, con un’attenzione particolare alle aree dell’alimentazione e del sonno, che sono le piu’ problematiche”. La logopedista conferma che giàdopo pochi mesi di distanza (il progetto e’ partito lo scorso ottobre) “ci sono stati grandi cambiamenti. I bambini iniziano a toccare l’oggetto alimento, mettono il fieno sotto la bocca dell’asino e questo cambia anche la loro percezione del cibo. Molti bambini non toccano gli alimenti, e’ molto difficile dargli da mangiare perché vedono il cibo come una cosa sporca. Loro non amano il colore, eppure la vicinanza con l’asino cambia il loro approccio al cibo proprio perché gli danno da mangiare”.
L’onoterapia aiuta i bambini autistici a rilassarsi: “C’e’ una modulazione emotiva che cambia- spiega- l’assetto corporeo e la tonicità del corpo cambiano. Il bambino è più tranquillo e arriva anche a sdraiarsi e ad addormentarsi sull’asino. Molti piccoli quando vanno a casa dormono poiché quest’attività apre un forte canale di comunicazione, che e’ inaccettabile con le persone mentre è molto più immediata con l’animale”.
Stando a contatto con l’asino “imparano a toccarlo, a stringergli il pelo, ad accarezzarlo e a spazzolarlo. Questo e’ possibile anche grazie alla relazione che si crea con l’operatore, in quanto parliamo sempre di un lavoro triangolare molto psicodinamico tra bambino, asino e operatore”. – L’eta’ del bambini conta nell’onoterapia? “Si- conferma l’esponente dell’IdO- perché si lavora su tutto quello che e’ sensoriale. I bambini con una diagnosi di autismo non integrano la sensorialità e un intervento precoce li aiuta a potersi organizzare meglio e ad avere una maggiore regolazione emotiva”.
L’asino è morbido, tranquillo, non è il cavallo che scatta. L’asino, inoltre, è molto accogliente e segue le indicazioni dell’operatore. “È come se tra l’asino e il bambino si venisse a creare una sorta di relazione accogliente, che tra pari non succede. C’è poi un’esplorazione con le mani sul corpo dell’asino che è importante: il pelo è morbido, dalle narici esce il caldo, devono trovargli la bocca, le orecchie (ancor piu’ morbide del pelo), lo abbracciano quando sono sull’animale- ricorda la psicomotricista- cosa che nel rapporto con gli altri bambini non riescono a fare”.
Dopo la prima fase di conoscenza con l’asino si comincia a lavorare insieme: “Non c’e’ solo il ‘salgo sull’asino’, ma anche il ‘faccio qualcosa con l’asino’. Si passa da una comunicazione di vicinanza a una di lontananza, fatta di intuizioni per capire quello che farà l’asino e per far emergere la determinazione del bambino: cosa vuole fargli fare? Vuole farlo camminare? Allora dovrà tirare la corda, dovrà convincere l’asino, dovrà camminare insieme a lui, e accanto avrà sempre l’operatore pronto a coadiuvarlo”. Spesso i bambini autistici “non mostrano di avere una iniziativa ludica o relazionale, invece nell’onoterapia vogliono salire sull’asino e iniziano a fare una scelta netta rispetto a cosa gli piace fare. Un approccio che riflette il metodo di lavoro dell’IdO”.
Tutti i 30 bambini hanno avuto un cambiamento. “All’inizio molti non volevano salire sull’asino, ma solo toccarlo e accarezzarlo, adesso tutti salgono sull’animale. Ci sono anche quelli che sono subito saliti e ora non vogliono più farlo. Per loro e’ finita una fase sensoriale e bisogna crescere- chiarisce la logopedista dell’IdO- quindi utilizziamo gli oggetti, lo spazzoliamo, lo tiriamo con la corda, camminiamo insieme all’asino, gli guardiamo le zampe. Portiamo l’attenzione su altre aree perché c’e’ una crescita”.
E’ un lavoro che si riverbera positivamente su tutta la famiglia: “Aiuta i genitori a capire che la terapia e’ fatta di relazioni con l’esterno. Il portare i bambini fuori dagli ambienti conosciuti e’ un’area tanto difficile per loro, in quanto c’e’ una esposizione al sociale e a tutta una serie di difficoltà. La condivisione con gli altri genitori- conclude D’Errico- li aiuta a non avere paura del confronto”.