Centocinquanta ragazzi che, nonostante siano distrutti dal lockdown, si sono aperti e hanno parlato di sé e, senza discriminazione, tra i compagni di banco. Ne è emerso uno spaccato di vita quotidiana sofferto ma anche improntato all’ottimismo, con la voglia di guardare al futuro. Ma sono anche emerse situazioni di disagio e di sofferenza. Violenza determinata da una cultura di genere improntata al controllo, mancata autodeterminazione nelle scelte, solitudine adolescenziale e difficoltà di piacersi e accettarsi, ma anche problematiche relative alla violenza tra pari e il bullismo. Tutto questo è frutto del progetto “Il messaggio corretto“, che si è svolto a scuola con un campione di 150 studenti dell’Istituto Ferrara di Palermo.
Già dai primi incontri, facilitati da una psicologa e un assistente sociale, esperte in mediazione, più un osservatore sul campo, sono emerse, nelle parole degli studenti, molteplici situazioni di disagio e sofferenza, sia nei contesti di provenienza che nelle relazioni tra pari.
Alla fine di ogni ciclo di incontri, i ragazzi di ogni classe sono stati invitati a scambiarsi dei ‘doni’ simbolici. E, con un momento emotivo molto intenso, i ragazzi regalano ciò che non arrivano a sperimentare nelle loro vite: la libertà, il dono di credere in sé stessi, la speranza.
Dai laboratori e dal lavoro di osservazione e interviste emerge che i giovani coinvolti sembrano abituati a vivere in contesti multiculturali già nei quartieri di provenienza con nessuna propensione alla discriminazione razziale. Da parte dei ragazzi non si è rilevata, inoltre, discriminazione verso le relazioni omosessuali, che sono guardate senza pregiudizi e come possibilità di vivere una relazione affettiva.I pregiudizi verso la figura femminile, relegata a vecchi paradigmi e stereotipi (ad esempio quello della donna casalinga), vengono identificati soprattutto dalle ragazze, che manifestano il bisogno di essere riconosciute fuori dai cliché. La difficoltà nel riconoscere le proprie emozioni attraverso la reciprocità è presente sia nei ragazzi che nelle ragazze.
“Il messaggio corretto”, un progetto promosso e sviluppato dalla Cooperativa Sociale Nuovi Sviluppi, dall’Ufficio interdistrettuale di Esecuzione Penale Esterna per la Sicilia e dalla Fondazione Progetto Legalità Onlus, che ha curato il percorso scolastico, con l’Istituto di Istruzione Superiore Ferrara di Palermo, diretto da Patrizia Abate, appena conclusosi, ha avuto un risultato apparentemente banale ma nella realtà straordinario.
Attraverso una attività rivolta prettamente al mondo della scuola, il progetto ha promosso una azione di prevenzione dei fenomeni connessi alla violenza di genere.
Il presupposto di partenza, la necessità di attivare un cambiamento culturale che scardini quegli stereotipi – spesso radicati e trasmessi inconsapevolmente – che generano relazioni non equilibrate dove la persona, anziché riuscire ad esprimere il massimo di sé stessa, vive in uno stato di constante prostrazione e umiliazione.
Svolto in due anni scolastici, a causa del lockdown, è stato fortemente voluto anche dalla scuola e dagli stessi ragazzi, al punto che gli operatori hanno rimodulato il lavoro facendo in modo di incontrare dieci classi, il doppio di quanto previsto inizialmente, per un totale di più di centocinquanta studenti dell’Istituto partner, il Ferrara, nel centro storico di Palermo.
L’utenza delle classi è composta, a volte anche fino al 30%, da minori stranieri che vivono in comunità culturali a sé stanti, tra cui quella bengalese, shrilankese, marocchina, ghanese e algerina. In alcuni casi, si tratta di giovani cresciuti nel proprio Paese di origine per buona parte della propria infanzia o pre-adolescenza.
“Il tema della discriminazione che diventa violenza è emerso in maniera molto forte nei racconti sia dei ragazzi che delle ragazze – dicono Loredana Genovese e Anita Russo – quando abbiamo stimolato i ragazzi a guardare da prospettive diverse. Si tratta di storie di confinamento domestico e maltrattamenti, soprattutto rispetto alle ragazze appartenenti ad alcune comunità straniere, che raccontano di non poter autodeterminare i propri sogni per esempio perchè destinate a un matrimonio combinato e, al contempo, vivono la contraddizione di appartenere a una comunità ristretta e molto presente ma di vivere in una società con valori più aperti rispetto a quelli della propria comunità. Nei casi in cui le ragazze che ritenevano “normale” adeguarsi a comportamenti di controllo da parte del partner, forse sarebbe più appropriato, invece, parlare di autoconfinamento.
Il percorso a scuola ha preso il titolo da un lavoro del documentarista Yann Arthus Bertrand che in un video della serie Humans, dove sono state fatte interviste a culture di tutto il mondo, riporta anche la testimonianza di un maltrattante che non accusava nessuno e non discolpava se stessoma spiegava: “credevo che l’amore si dimostrasse con la violenza, avevo ricevuto il messaggio sbagliato”, – raccontano Giada Li Calzi e Marco Panebianco della Fondazione Progetto Legalità onlus. Da qui l’importanza di fornire strumenti per ricostruire un messaggio corretto sia nelle relazioni di genere che tra genitori e figli, spesso vittime di quella che si definisce “violenza assistita”.
“Come Fondazione – spiega Leonardo Agueci, presidente della Fondazione, – da qualche anno ci siamo impegnati a far comprendere che, nelle vicende penali che incidono fortemente su affetti e rapporti interpersonali, la giustizia vera non può esaurirsi in un’azione meccanicamente punitiva ma deve rivolgersi, attraverso un’attenta opera di ascolto, anche a riflettere sulla natura delle relazioni che sono state alla base dei comportamenti violenti e sulle loro conseguenze ed effetti per tutti i soggetti coinvolti. E gli adolescenti, come sempre quando li si ascolta, hanno dato prova di grande profondità nel capire l’importanza del confronto.”
Nel febbraio 2020 con il coordinamento tecnico-scientifico di Rosanna Provenzano dell’UIEPE Sicilia e la Coop Nuovi sviluppi, capofila del progetto,è stato avviato un lavoro di rete per sostenere un approccio culturale interistituzionale sul tema dei maltrattanti come azione di contrasto alla violenza di genere, come raccontato nel video “Il Messaggio Corretto” realizzato da Noemi La Barbera pubblicato su www.progettolegalita.it e in una Report a più voci curato da Eva Lo Jacono con interviste a tutti gli operatori che sarà inviato al Dipartimento Famiglia della Presidenza del Consiglio dei Ministriaffinchè si faccia tesoro di questa e altre esperienze progettuali promosse con il Bando del 2018, per estendere il campo di intervento fino a rendere la prevenzione della violenza una politica strutturale. Prevenire e intervenire sull’autore della violenza: dal 2016 sono più di 100 i maltrattanti presi in carico dalla cooperativa che oggi lavora in rete con gli altri soggetti sul territorio. Anche questo è il risultato concreto di un progetto a più voci.