C‘era effettivamente un’agenda rossa nella borsa che Paolo Borsellino aveva con se la domenica mattina del 19 luglio del 1992. Il giorno dell’attentato in cui venne ucciso insieme alla sua scorta, prima di uscire da casa, il giudice nella valigetta inserì un’agenda marrone, un’agenda rossa, il costume da bagno chiavi di casa e sigarette. E quella stessa mattina, arrivò nella casa della famiglia del magistrato, una telefonata del procuratore di Palermo, Pietro Giammanco. A riferirlo, è stata in Corte d’Assise di Caltanissetta, nel corso del processo per la strage di via d’Amelio, Lucia Borsellino, figlia del magistrato ucciso.
“Dopo la strage – ha detto Lucia Borsellino – la borsa ci venne riconsegnata dal questore Arnaldo La Barbera, ma mancava l’agenda rossa. Mi lamentai subito della mancanza di quell’agenda rossa. Ho avuto una reazione scomposta. Me ne andai sbattendo la porta. Chiesi con vigore che fine avesse fatto la borsa e il questore Arnaldo La Barbera, rivolgendosi a mia madre, gli disse che probabilmente avevo bisogno di un supporto psicologico perché ero particolarmente provata. Mi fu detto che deliravo. La Barbera escludeva che l’agenda fosse nella borsa”.
Lucia Borsellino ha anche riferito, che il padre teneva anche un’agenda grigia, con la copertina dell’Enel, dove era solito annotare tutto, in maniera quasi maniacale. Agenda, le cui fotocopie, sono state consegnate alla Procura di Caltanissetta e in particolare alla dottoressa Palma, mentre l’originale è ancora in possesso della famiglia Borsellino. Lucia Borsellino ha ricordato che il procuratore Giammanco probabilmente quella mattina cercava il giudice Borsellino per affidargli inchieste riguardanti Palermo, visto che il magistrato in quel periodo si occupava del trapanese.