Si è costituito nel carcere di Voghera, in provincia di Pavia, Mauro Lauricella, figlio del boss della Kalsa di Palermo chiamato lo Scintilluni: deve scontare 7 anni con l’accusa di avere commesso una estorsione aggravata il cui mandante sarebbe l’ex calciatore capitano del Palermo, Fabrizio Miccoli.
La sentenza che riguarda Lauricella è stata resa definitiva ieri sera dalla Cassazione, che ha rigettato il suo ricorso, mentre Miccoli, processato a parte col rito abbreviato, è stato condannato anche in appello a 3 anni e 6 mesi: per lui l’udienza davanti alla Suprema Corte non è stata fissata ma a questo punto la probabilità che la condanna divenga definitiva pure anche nei suoi confronti è molto elevata.
Mauro Lauricella, che alla presentazione in carcere era accompagnato dall’avvocato Giovanni Castronovo, si è sempre definito estraneo alla vicenda, legata a un debito che un imprenditore palermitano, Andrea Graffagnini, avrebbe avuto con un ex fisioterapista della società rosanero, Giorgio Gasparini.
Miccoli, nel suo periodo palermitano, secondo la Direzione investigativa antimafia, che indagò su di lui, aveva delle frequentazioni più che discutibili con personaggi legati ad ambienti malavitosi e mafiosi.
Mauro Lauricella non aveva pregiudizi penali personali, ma il padre Salvatore-Scintilluni (persona elegante, che brilla) e il fratello Antonino sono considerati elementi di spicco dell’organizzazione Cosa nostra. Da qui la richiesta all’ex fantasista della squadra dei tempi d’oro, all’epoca guidata dal patron Maurizio Zamparini, di attivarsi per il recupero del credito, cosa che avvenne solo in parte ma con sistemi di pesante intimidazione, giudicati ben oltre i limiti del cosiddetto esercizio arbitrario delle proprie ragioni. I processi sono stati separati perché Miccoli ha scelto l’abbreviato, che gli ha dato diritto a una riduzione di pena di un terzo. Ma ora il carcere lo rischia pure lui.