Mafia: si pente il boss agrigentino Giuseppe Quaranta, finito in manette il 22 gennaio

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Il boss Giuseppe Quaranta, arrestato il 22 gennaio nell’operazione Montagna che ha colpito le cosche mafiose dell’Agrigentino, ha iniziato a collaborare con i magistrati della Dda di Palermo.

Quaranta, ritenuto capomafia di Favara ha deciso di parlare con i magistrati il 29 gennaio scorso “per il bene della mia famiglia – ha detto Giuseppe Quaranta – e mio personale, perché sono stanco, ho avuto tante delusioni”.

Il boss ha raccontato di essersi occupato nel 2002-2003 della latitanza del capomafia agrigentino Maurizio Di Gati, trovando un casolare adatto a nasconderlo e portandogli il cibo. Quaranta – ha rivelato ai pm Claudio Camilleri e Alessia Sinatra – sarebbe stato combinato dal padrino di Santa Elisabetta Francesco Fragapane nel 2010. L’indagato ha ammesso di avere rivestito un ruolo di vertice della famiglia di Favara fino al 2013-2014 e ha parlato di estorsioni a ditte edili, ma anche a extracomunitari, e del traffico di stupefacenti.

Quaranta ha spiegato ai pm della Dda che “l’unica famiglia mafiosa presente a Favara appartiene a Cosa nostra. Ci sono altri gruppi criminali che noi chiamiamo “Paracarri” che hanno un capo e un sottocapo, ma se devono fare attività criminali devono chiedere a noi di Cosa nostra”.

Il boss sarebbe stato capo di Favara tra il 2010 e il 2013-2014. Poi fu “posato” (escluso ndr) perché “a un certo punto mi ero stufato e non mi facevo trovare da nessuno – ha detto – quindi non essendo più “produttivo” fu informato Francesco Fragapane a cui fu detto che non ero più disponibile. Mi venne detto che non dovevo più “camminare” a nome di Fragapane e io ne fui felice… Cosa nostra è come un vortice che prima ti fa bello e poi ti risucchia tutto fino a non poterne più uscire”.

Per quanto riguarda le elezioni (nell’indagine è finito anche il sindaco di San Biagio Platani, Santo Sabella), Quaranta ha riferito che “il candidato a sindaco di Favara non lo sceglie la famiglia mafiosa e di non essere a conoscenza di candidati che hanno chiesto voti”. (ANSA).