Con l’operazione “Gioielli di famiglia”, eseguita congiuntamente dai finanzieri di Palermo e i carabinieri di Palermo e Bagheria, sono state arrestate 6 persone accusate, a vario titolo, di associazione di tipo mafioso, estorsione aggravata, delitti contro la pubblica amministrazione e reiterate condotte di frode fiscale.
I militari hanno eseguito un’ordinanza emessa dal gip di Palermo, su richiesta Direzione distrettuale antimafia. Il fulcro delle indagini è costituito dalle attività illecite riferibili a una persona di elevato calibro criminale, già raggiunto da numerose sentenze di condanna irrevocabili per reati non di mafia (associazione dedita al traffico di sostanze stupefacenti, nel ruolo di promotore e capo), per le quali si trova tuttora detenuto. Per l’esecuzione dei provvedimenti sono stati impegnati circa 100 militari tra carabinieri e finanzieri, con l’ausilio di unità cinofile per la ricerca di armi ed esplosivi.
L’indagine è partita dalle attività illecite riferibili a Pietro Formoso (fratello di Giovanni e Tommaso, entrambi condannati all’ergastolo per aver partecipato alla “stagione stragista” di cosa nostra del 1993), un personaggio di elevato calibro criminale, già raggiunto da numerose sentenze di condanna irrevocabili per reati non di mafia (associazione dedita al traffico di sostanze stupefacenti nel ruolo di promotore e capo), per le quali si trova tuttora detenuto.
Alcuni collaboratori di giustizia sono concordi nel ritenerlo coinvolto nel contesto mafioso di Misilmeri e Palermo, oltre che dotato di notevole capacita economica frutto delle sue attività delinquenziali. Fino ad oggi Formoso non era mai stato raggiunto dall’accusa di associazione mafiosa o di delitti aggravati dal metodo mafioso, tanto che gli addebiti che gli sono stati mossi si fondano su numerose ed eterogenee risultanze istruttorie, acquisite già dal 2013 sia dai carabinieri che dalla Guardia di finanza di Palermo.
Il nome di Formoso era già emerso nel corso di approfondimenti di segnalazioni per operazioni sospette svolti, in materia antiriciclaggio, dal Nucleo speciale di polizia valutaria. Attività d’indagine e risultanze investigative acquisite da carabinieri e guardia di finanza hanno permesso di ricostruire il contesto imprenditoriale dell’indagato e tracciare i suoi interessi economici.
L’operazione “Gioielli di famiglia” è scattata a conclusione di indagini condotte da guardia di finanza e carabinieri tramite attività tecniche, accertamenti finanziari e patrimoniali e raccolta di dichiarazioni di diversi collaboratori di giustizia. Sono state così accertate la partecipazione di Pietro Formoso alle attività della famiglia mafiosa di Misilmeri con il ruolo di referente per il traffico internazionale di stupefacenti proveniente da Spagna e Colombia e per le estorsioni nei confronti di imprenditori locali, nonché per aver autorizzato l’affiliazione di soggetti a cosa nostra.
Formoso inoltre si era reso responsabile di reiterate condotte estorsive a un imprenditore palermitano, al quale venivano richiesti 100.000 euro come corrispettivo per l’acquisto di pietre preziose, già saldate in passato. Gli investigatori hanno accertato condotte fraudolente da parte di imprenditori finalizzate ad evadere il fisco e la condotta di un operatore nel settore dei “compro oro” finalizzata ad assicurarsi un atteggiamento di favore da parte degli organi di controllo.
In particolare, le risultanze investigative hanno permesso di ricostruire le dinamiche concernenti la pretesa economica avanzata da Formoso all’imprenditore (che nasce dalla cessione a quest’ultimo da parte di Formoso di gioielli del fratello Giovanni) e chiarire il sistematico apporto fornito nella fase di riscossione del denaro da parte di altre persone notoriamente inserite in contesti mafiosi. Queste ultime, infatti, hanno posto in essere, particolari coartazioni psicologiche nei confronti della vittima, con i caratteri propri dell’intimidazione derivante dal “metodo mafioso” dell’organizzazione criminale. Nello stesso contesto sono state sequestrate somme di denaro depositate su conti correnti riconducibili ad imprese individuali del settore della vendita all’ingrosso di carne e della vendita di oro ed oggetti preziosi, che avevano omesso il versamento dell’Iva e dell’imposta sul reddito per circa 850.000 euro.
“Ancora una volta la sinergica collaborazione tra la magistratura e le forze di polizia ha dato i suoi frutti a beneficio della cittadinanza e della relativa domanda di sicurezza in un territorio caratterizzato dall’endemica presenza del fenomeno mafioso”, ha detto il colonnello Antonio Di Stasio, comandante provinciale dei carabinieri di Palermo.
“In particolare, nell’ambito di un strutturato e pianificato programma di contrasto alla criminalità intrapreso dal Comando provinciale carabinieri di Palermo, l’Arma con l’operazione odierna – condotta in stretta intesa con la Guardia di finanza e coordinata dalla Dda della Procura della Repubblica di Palermo – ha portato a segno l’ennesimo colpo nei confronti di cosa nostra”.
Pietro Formoso, spiega Di Stasio, è “uomo d’onore della famiglia di Misilmeri, attualmente ristretto in carcere, ed è la figura principale di quest’indagine. Fino ad oggi – nonostante le dichiarazioni di alcuni collaboratori di giustizia che lo avessero indicato quale elemento di spicco mafioso misilmerese e palermitano, nonché punto di riferimento del traffico internazionale di stupefacenti proveniente dalla Spagna e dalla Colombia – non era mai stato accusato di associazione mafiosa o di delitti aggravati dal metodo mafioso”, ha concluso Di Stasio.