Molti dei tesori appartenuti agli zar si possono attualmente ammirare a Palermo, dove sono arrivati dipinti, costumi, porcellane, bronzi, mobili e altri oggetti per la mostra intitolata: “Il secolo dei musei: 100 capolavori dalle residenze imperiali della Russia: Peterhof, Tsarskoe Selo, Gatchina, Pavlovsk”, curata da Olga Barkovets.
Questi pezzi rari potranno essere visionati a Palazzo Sant’Elia, nell’ambito di Palermo Capitale Italiana della Cultura 2018, fino all’11 dicembre. La mostra, coordinata per la parte italiana dal sovrintendente di Sant’Elia, Antonio Ticali e per la parte russa da Elena Kalnitskaya, direttore generale GMP Peterhof, è uno dei progetti chiave del festival internazionale “Russian Seasons in Italy”, nato dalla sinergia tra la Federazione Russa e l’Italia.
Gli oggetti sono stati creati dai più raffinati artigiani di Russia, Italia, Inghilterra, Francia, Cina e diversi altri Paesi. Molti dei pezzi appartenevano direttamente agli imperatori: sono infatti esposte la camicia di Pietro I, le divise degli imperatori Paolo I, Alessandro I, Nicola I, Alessandro II, le poltrone-trono di Nicola I e Alessandro III.
L’esposizione include particolari dei complessi storici museali: oggetti provenienti dalla scomparsa “Lyons Hall”, che era stata creata per volontà dell’imperatore Alessandro II nel Palazzo di Caterina di Tsarskoye Selo; un frammento di un parquet, vera opera d’arte, rubato dagli invasori nazisti durante la seconda guerra mondiale, rintracciato successivamente a Berlino e restituito al museo nel 1947; il famoso servizio Guryevsky realizzato per Alessandro I dalla Fabbrica di Porcellana Imperiale: per la sua decorazione sono stati usati diversi chili d’oro.
Ciascun oggetto è prezioso non solo per il suo alto livello artistico, ma anche per il profondo significato storico e culturale che lo lega al Paese. Nelle residenze, depredate e abbandonate durante la guerra, furono spesso gli stessi dipendenti a nascondere i pezzi (rischiando in prima persona, con le loro famiglie) e a riportarli nei palazzi, subito dopo il conflitto, salvandone di fatto la memoria.