Basile ammette: “Sono il padre del bambino, ma non ho commesso reati”

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Rosario Basile
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Rosario Basile ammette di essere il padre del bimbo partorito dalla sua ex dipendente ma nega ogni accusa e scagiona il figlio Filippo. Il patron di Ksm ed Ivri finito a settembre agli arresti domiciliari, accusato di aver minacciato l’ex amante da cui ha avuto un figlio, nel corso di una intervista all’agenzia di stampa Adnkronos ha raccontato la sua verità.

“Tutta questa mia vicenda giudiziaria è grottesca, assurda. Mi sono trovato agli arresti e non so ancora per quale motivo. Non ho mai truccato tabulati, non ho fatto le cose di cui vengo accusato. Peraltro, ho subito fatto il test di Dna per la paternità, prima ancora dell’arresto, e ho ammesso di essere il padre” – ha rivelato Basile.

Ma la vicenda personale ha coinvolto anche altri soggetti legati al management dell’azienda e persino il figlio. Accusato di falso in atti pubblici e frode processuale, dopo gli arresti domiciliari a Palermo l’imprenditore ha avuto l’obbligo di dimora a Milano, come lui stesso aveva chiesto durante l’interrogatorio. I suoi legali, Nino Caleca e Antonio Ingroia, presenti all’interrogatorio di garanzia di oggi, hanno sempre parlato di “un fatto strettamente privato”, ma il gip nei giorni scorsi ha disposto, con una nuova misura cautelare, il divieto temporaneo di ricoprire uffici direttivi all’interno delle società Ksm s.p.a e Ksm service s.r.l. per dodici mesi.

Misure cautelari anche per i vertici della società. Per Francesco Paolo Di Paola il gip ha stabilito il divieto di dimora nel comune di Palermo e il divieto temporaneo di ricoprire uffici direttivi all’interno della Ksm spa e Ksm service per dodici mesi. Interdetti temporaneamente dal ricoprire uffici direttivi all’interno della Ksm anche Filippo Basile, figlio maggiore di Rosario Basile, e l’ex vicequestore Luigi Galvano.

“E’ un fatto privato – ha sostenuto Basile, al termine dell’interrogatorio davanti al gip Filippo Serio – E mi pare assurdo che di fronte a una vicenda privata io debba stare obbligatoriamente a Milano. Mi sono sottoposto volontariamente al test del Dna e ne accetto le conseguenze. Io non ho mai truccato i tabulati – si è difeso  – Che senso avrebbe avuto visto che prima ancora mi sono sottoposto all’esame del Dna?”.

Secondo quanto ricostruito dagli investigatori, nell’ambito delle cause civili inerenti al licenziamento di due ex dipendenti della Ksm e, successivamente, nel corso dell’interrogatorio di garanzia di Rosario Basile davanti al gip, i quattro avrebbero depositato “memorie difensive contenenti tabulati telefonici rivelatisi falsi, o alterati, traendo in inganno il giudice del lavoro di Palermo, il gip e il Tribunale del riesame”.

L’esibizione dei tabulati telefonici, in sede di causa civile innanzi al tribunale del Lavoro tra la società KSM e un suo dipendente, infatti, aveva determinato il rigetto del ricorso del lavoratore e il suo licenziamento. Rosario Basile, secondo l’accusa, avrebbe costruito prove false per difendersi dalle accuse di minaccia, calunnia e violenza privata nei confronti di una ex dipendente di Ksm con cui ha avuto una relazione sentimentale. I pm sono convinti che, per potere arrivare al licenziamento della donna sarebbe stata simulata anche l’esistenza di una relazione con un collega. E per rendere credibile il tutto spuntarono dei messaggi. I due dipendenti hanno detto di conoscersi soltanto per ragioni di lavoro. Ed invece nel corso dell’interrogatorio di garanzia, i legali di Basile, si erano presentati con dei tabulati che contenevano decine di sms dal contenuto molto confidenziale che i due si sarebbero scambiati nel tempo. La donna, dunque, secondo la difesa, avrebbe mentito.

In altre parole, Basile sarebbe rimasto vittima di un complotto dopo che dalla relazione con la donna era nato un figlio. L’esame del Dna disposto dal Tribunale civile dice che Basile al 99,9 per cento è il padre del bimbo. Lui stesso ha detto di essere pronto ad accettare la decisione dei giudici. Ma per la Procura sono prove false. L’ex amante, che nel frattempo ha avuto il bambino, interrogata dai pm aveva detto: “Basile mi offrì molti soldi per non tenere il bambino, anche una partecipazione del 5 per cento delle sue proprietà”.

Ma Rosario Basile corregge: “Una soluzione mai esplicata in maniera netta ed esplicita fu solo ventilata”. Sarebbero così iniziate le minacce: “Un giorno – ha racconta la donna ai carabinieri – vado negli uffici della Ksm per portare il certificato di maternità. Due uomini mi dicono di sedermi. Uno si presenta come Francesco Paolo Di Paola, il cugino dell’avvocato, dice: “La devi finire con questa storia del bambino perché sennò è peggio per te, se tu chiedi il test del Dna ed il test risulta positivo ti facciamo sparire il bambino e faremo di tutto per far risultare che fai la prostituta. Devi sparire dalla circolazione”. Parole pesanti. Fuori dalla porta c’è il padre della donna: i due uomini, uno è Di Paola, l’altro e un tale Antonino Castagna, gli consegnano una foto della figlia in topless. E dicono: “Non disturbate e non cercate più nessuno”.

Ma le presunte pressioni non finiscono qui. Secondo la testimonianza dell’ex dipendente, la sorella della donna viene avvicinata in strada da un uomo, che urla: “Consigliale di darsi una calmata, tua sorella è stata avvertita di tutto e se continua ancora faremo in modo di far risultare che siete delle prostitute e vi facciamo togliere i bambini”.

Una sera, un altro uomo aveva avvicinato la donna al centro di questo caso. “Pensavo fosse un rapinatore- racconta lei ai carabinieri – gli stavo porgendo la borsetta, mi ha buttato per terra, mi ha trascinato per i capelli. Ho sbattuto la pancia, ho avuto paura per il bambino”.

I difensori di Rosario Basile, intanto hanno chiesto  la trasmissione degli atti alla Procura di Caltanissetta. “A nostro avviso l’autorità giudiziaria di Palermo non ha competenze – hanno spiegato gli avvocati Antonio Ingroia e Nino Caleca alla fine dell’interrogatorio di oggi – è competente Caltanissetta. Ecco perché abbiamo chiesto la trasmissione degli atti in quella sede”.