A Valledolmo mostra personale di Enzo Sciavolino

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Mostra personale di Enzo Sciavolino0002-enzo-scavolino-mig_8966-copia[1]

L’arte da sempre è stata la più visibile espressione della genialità umana, capace di avvicinare l’uomo alla sua più profonda essenza e di trasmettere contenuti non esprimibili a parole ma nello stesso tempo fruibili da tutti. Con l’arte, infatti, il genio umano si esprime con un linguaggio accessibile a ognuno, basta avere occhi per guardare e orecchie per ascoltare e cuore per sentire e commuoversi davanti alla Bellezza. Un vero artista porta in manifestazione qualcosa che proviene dal piano intuitivo. Un vero artista perciò non può essere tale se non ha attuato dentro di sé un processo di purificazione poiché come dice Plotino: «L’Anima non può contemplare la Bellezza se non diviene essa stessa bella». Siamo perciò onorati di ospitare nella nostra associazione il maestro Enzo Sciavolino, un grande artista, un grande talento valledolmese la cui fama, in Italia e all’estero, ci rende orgogliosi di essere suoi concittadini. Il maestro Sciavolino, in questa mostra, con le sue opere ripercorre e ci narra il cammino di una vita, la sua evoluzione come artista e come uomo. Ma egli, per tutti noi valledolmesi rappresenta qualcosa di più: è l’esempio concreto che coltivare il proprio talento può portarci lontano e farci volare alto, al di sopra degli steccati dei confini territoriali; egli è la dimostrazione reale che anche in un piccolo paese di montagna, abbandonato nell’entroterra di un’isola di frontiera, può nascere un grande talento e un grande artista che della Bellezza si nutre e nella bellezza delle sue opere trasferisce – più o meno consapevolmente – un po’ delle sue origini. Il Presidente Angelo Conti

dal 6 al 28 AGOSTO 2016
apertura tutti i giorni dalle ore 18,00 alle 21,00
Associazione Culturale La Matita,
Via Vittorio Emanuele III, 14 – Valledolmo (PA)

In mostra 35 incisioni dal libro Il tempo, la scultura in bronzo Incontenibile leggerezza e 4 stendardi – Un libro (quasi un diario) iniziato nel 1964 e portato a termi – ne nel 2012. Una personalissima raccolta di poemi e testi let – terari di vari autori in libera connessione alle riproduzioni fotografiche di 155 sculture e di 35 incisioni all’acquaforte e all’acquatinta, create da Enzo Sciavolino per questo volume. Il libro è a colori, ha 224 pagine, misura 32 x 24,4 cm ed è stampato in digitale. Il libro è disponibile anche in edizione speciale di 15 copie firmate ad personam e numerate da I a XV: al libro è allegato un cofanetto contenente le 35 incisioni originali stampate dall’artista e anch’esse firmate e numerate da I a XV. È disponibile una seconda tiratura delle singole 35 incisioni originali firmate e numerate da 1 a 15. Ogni incisione è tirata a braccia con torchio calcografico a stella su carta Zerkal fabbricata a mano in Monaco di Baviera.

VINCENZO CONSOLO: Gli ulivi di Sciavolino  Monumenti come la bellissima fontana di Rivoli, come quella di Collegno, dedicati alla Pace, dovrebbero sorgere in ogni piazza di città e villaggi. Dimostrazioni per la pace si sono fatte in tutto il mondo. Bandiere della pace, ormai stinte, pendono ancora dai balconi di molte città. Perché la pace è sempre violata, è sempre infranta dalla guerra in varie parti del mondo. Violata, la pace, dalla guerra. Guerra che è scandalo, umiliazione, morte, distruzione, barbarie, inciviltà. Questo ci hanno insegnato i grandi, sin dall’antichità. Omero, fra i primi. Nell’Iliade Omero racconta della dea Teti che va a chiedere a Efesto lo scudo per Achille. Nel quale «Raffigurò la terra e il cielo e il mare, e poi il sole instancabile e la luna piena… Disegnò poi due fiorenti città di uomini mortali. In cui vi sono nozze e banchetti …». Era questa la rappresentazione della pace. Ma poi anche, nello scudo, vi è rappresentata la guerra. In cui sono eserciti in armi. E in mezzo a loro vi sono «Contesa e Tumulto e la funesta dea della Morte». L’Odissea quindi non è che una lunga e dolorosa peregrinazione dell’eroe per espiare la colpa della guerra. E il reduce, giunto ad Itaca, travestito da mendico, vede che sulla punta del porto è scomparso l’ulivo, la capanna, il mandriano fedele. Ma è l’ulivo poi, dopo la strage dei Proci, a risorgere nel talamo nuziale, a ricongiungere Odisseo a Penelope, a Telemaco, a riportare la pace. Lontani dal mito, dall’antico, entrando nella nostra storia moderna, diciamo che in questa nostra Europa lo scandalo della guerra è racchiuso fra le due Serajevo. La Serajevo che ha provocato la prima guerra mondiale e l’altra che ha provocato la Seconda. Questa voluta dai fascismi e dai nazismi, questa che ha voluto i campi di sterminio, i genocidi. Ma lo scandalo della guerra ha durato ancora per tutto il Novecento, nel secolo breve, come è stato chiamato, dura lo scandalo, anche in questo terzo millennio. Le guerre sono continuate nella ex Jugoslavia, in Afghanistan, in Africa, in Israele e Palestina, in Libano… La guerra affligge oggi ancora una terra di antica civiltà, l’Iraq, quella terra tra i due fiumi dove è nata la civiltà. Sembra che ancora oggi l’ulivo, l’albero sacro ad Atena, la dea della Ragione, sia ancora soffocato, sopraffatto dall’olivastro, l’ulivo selvatico, il segno della regressione, della natura violenta, selvaggia. L’ulivo della ragione, della pace, della civiltà è l’albero che predomina nelle opere di Sciavolino, l’ulivo intorno al cui tronco fanno il girotondo quattro bambini, i quattro punti del mondo, dai cui r
ami stannoob_8d1180_invitoweb[1] per spiccare il volo colombi, i portatori di Pace. Dai rami di ulivi scendono altalene in cui si dondolano bambini, bambini-angeli, bambini speranza del mondo. Sciavolino crediamo che appartenga alla tradizione dei grandi scultori, siciliani soprattutto, come i più recenti Francesco Messina e Emilio Greco. Ma in Sciavolino crediamo vi sia meno di grazia romantica come in quei due scultori, crediamo ci sia un più di espressione, un più di forza in quello che vuole essere il suo accento, il suo stile nel rappresentare questo nostro tempo, questo nostro mondo.

ANGELO MISTRANGELO critico d’arte de La Stampa il segno, la storia, il mito – Il segno scandisce il tempo della storia, dei miti, delle emozioni, che presiedono alla formulazione e alla definizione del discorso di Enzo Sciavolino tra scultura e grafica, segno e immagine, tensione espressiva e intuizione. Accanto alla determinante funzione culturale e sociale della sua scultura, si è sviluppata da sempre la stagione dell’incisione, tra lastre (oltre duecento) e morsure, in una sorta di percorso caratterizzato da cinquant’anni di studi e da una sperimentazione che va oltre all’evidenza della rappresentazione per comunicare i momenti di un’interiorità analizzata, interpretata, rivelata. L’uomo, la società, l’impegno civile sono gli aspetti di una ricerca in cui la pulsante energia del linguaggio travalica la realtà per comunicare la sofferenza, l’amore, l’esistenza e l’esistere, sino a raggiungere un dettato mai ripetitivo, ma sempre reso con abilità e intensità e con quella musicalità che può trovare riscontro nei versi di Cesare Pavese: «C’era il giovane dio / che viveva per tutti e ignorava la morte. / Su di lui la tristezza era un’ombra di nube. / Il suo passo stupiva la terra» (da Mito). Vi è nei suoi fogli l’essenza di un’intera vita, di personali soluzioni tecnico-espressive, di un continuo e inesausto cammino attraverso le angosce e le sottili cadenze di un universo di emozioni che non finisce mai di stupire e stupirci. Un universo di segni, di linee, di interazioni tra l’artista e il proprio tempo, che ha fatto dire a Nicola Micieli, attento e profondo conoscitore della sua esperienza: «[…] ha inciso senza soluzione di continuità in ogni fase della sua vita d’artista [creando] un apporto iconografico e un ulteriore veicolo d’accesso al mondo poetico e alle temalaquestione[1]tiche della scultura». Incisione come documento del vissuto, storia, adesione agli eventi e scontro ideologico, denuncia e notazione a margine. Sciavolino non ha mai perso di vista il proprio indiscutibile pro- filo umano e sociale; con il valore rabdomantico della linea ha ripercorso i luoghi e i miti della natia Sicilia, dove la memoria appare l’indiscutibile riferimento per ritrovare volti, gesti, coinvolgimenti, sensazioni, incanti di una terra che, a tratti, si ricollega alla simbolica e nitida luminosità dei versi di Pablo Neruda: «Farfalla bruna dolce e definitiva / come il campo di grano e il sale, il papavero e l’acqua» (da Venti poesie d’amore e una canzone disperata).

ENZO SCIAVOLINO – Nato a Valledolmo nel 1937, a sedici anni si trasferisce a Torino per studiare al Liceo Artistico, avviando il suo percorso di scultore e di incisore, sin qui mai interrotto. Ha lavorato con i materiali più diversi, legno, marmo, bronzo, terracotta, plexiglas, argento, oro. Negli anni Sessanta mette a fuoco il proprio mondo poetico, al cui centro sta l’uomo con la sua conflittuale storia riepilogata nel ciclo di sculture e incisioni Uno spazio per vivere. Alla metà degli anni settanta realizza La Questione, opera capitale che sotto specie di apparecchiatura scenica, mette in campo personaggi e situazioni calati nel vivo dell’attualità politica e culturale del tempo. Dialogando con il filosofo Althusser e lo scrittore e pittore Klossowski intorno all’utopia rivoluzionaria, nasce l’idea di un viaggio attraverso l’acqua0001-enzo-scavolino-ridotta-foto-renzo-mglio-9049-copia-copia[1], il sangue, il legno, il marmo, il corpo, la cenere dell’illusione degli anni Settanta, tra Che Guevara e Pasolini. Da qui il ciclo Discorso sui materiali del far scultura per interposto Marat, composita metafora dell’artista e dell’atto creativo rispetto alla Storia. In questi ultimi anni il suo interesse ha preso direzioni diverse: alla ricerca della memoria, dei propri sogni, non in senso nostalgico, ma proustiano, nel bisogno incontenibile di cogliere la “leggerezza dell’essere”. Tra il 1999 e il 2004 realizza sculture di grandi dimensioni: Marea, in marmo e bronzo, Canneto. Monumento al Territorio, in bronzo, Ostellato (Ferrara), Nel cerchio della mia vita, in marmo, Collegno (Torino), L’Albero della Pace, fontana monumentale in marmo e bronzo, Rivoli (Torino). Dal 1963 fino ad oggi esplora l’arte incisoria producendo oltre 200 lastre. Dal 1970 si dedica anche all’utilizzo di tecniche orafe, applicandole alla creazione di mini-s
culture in oro e argento. Ha tenuto oltre 50 mostre personali in Italia e all’estero. Sue opere figurano in musei e in collezioni pubbliche e private. Ha partecipato a importanti rassegne come la Quadriennale di Roma, la Biennale del Bronzetto di Padova, la Biennale di Carrara, la Biennale di Milano, la Biennale della Grafica di Berlino. Negli anni si è nutrito di grandi amicizie e collaborazioni con artisti ed intellettuali come Renato Guttuso, Carlo Levi, Pier Paolo Pasolini, Louis Althusser, Pierre Klossowski, Tahar Ben Jelloun, Younis Tawfik, Giovanna Marini, Ignazio Buttitta, Alberto Tomiolo, Egi Volterrani, Nicola Micieli, Maurizio Pallante, Bruna Bertolo, Nevio Boni. L’intera sua vicenda di scultore è stata ricostruita nel 2008 in una grande mostra antologica alla Cavallerizza Reale di Torino curata da Nicola Micieli e voluta dalla Regione Piemonte per festeggiare i settanta anni dell’artista. Analogamente nel 2015 la sua attività di incisore è riunita in Enzo Sciavolino. Opera incisa 1963-2014, Catalogo Generale delle Incisioni, a cura di Nicola Micieli, Centro Toscano Edizioni, Santa Croce sull’Arno (Pisa) e nella antologica Il segno, la storia, il mito allestita dalla Città di Rivoli al Museo Casa del Conte Verde e curata da Angelo Mistrangelo.

 


Inaugurazione sabato 6 agosto 2016 ore 18

dal 6 al 28 AGOSTO 2016
apertura tutti i giorni dalle ore 18,00 alle 21,00
Associazione Culturale La Matita,
Via Vittorio Emanuele III, 14 – Valledolmo (PA)